Il ghiacciaio dell'Adamello conserva ancora la 'memoria' della Prima Guerra Mondiale e dei test nucleari del 1963: lo dimostrano le prime analisi condotte sulla carota di ghiaccio di 224 metri estratta nel 2021 nell’ambito del progetto ClimADA, con l'obiettivo di ricostruire l’evoluzione climatica degli ultimi secoli e l'impatto dell'uomo negli habitat di alta quota. Il progetto, finanziato da Fondazione Cariplo, è frutto di un partenariato coordinato da Fondazione Lombardia per l’Ambiente e composto da Comunità Montana di Valle Camonica, Università di Milano-Bicocca, Politecnico di Milano e Università degli Studi di Brescia.
Le attività di analisi condotte presso l'EuroCold Lab dell'Università Bicocca hanno portato a identificare a circa 66 metri di profondità un livello scuro spesso una decina di centimetri che potrebbe rappresentare parte del segnale paleo-ambientale e storico del primo conflitto mondiale, combattuto in Italia tra il 1915 e il 1918. Data l’estrema importanza dell’evento, si sta procedendo a uno studio a risoluzione centimetrica dell’intervallo. Nel ghiaccio, oltre a una notevole quantità di polveri, sono preservati resti di polline di piante che crescevano a valle del ghiacciaio, carboni, spore di funghi e alghe che vivevano sul ghiacciaio. Lo studio sta fornendo importanti indicazioni sull’evoluzione temporale del periodo e sulla possibile presenza umana e di animali sul ghiacciaio. Si stanno considerando anche i materiali che costituivano i proiettili e le armi che venivano usati dalle due controparti, nel tentativo di riconoscerne la presenza in loco.
A circa 23 metri di profondità nella carota è stata invece trovata l’evidenza dei test nucleari del 1963, riconoscibili da un picco di trizio. La profondità di questo evento è nettamente inferiore rispetto a dove è stato rinvenuto in una precedente carota estratta nel 2016 (intorno ai 30 metri). Si tratta di un’ulteriore evidenza della fusione del ghiacciaio in questi ultimi anni. L’evento di Chernobyl, invece, è ancora in fase di analisi e si stanno cercando picchi di cesio nella porzione più superficiale del carotaggio. Possibili eventi di fusione superficiale potrebbero aver alterato l’integrità del segnale.
All’interno della carota sono stati identificati alcuni livelli di tefra (vetri vulcanici prodotti durante le eruzioni) che permetteranno una datazione del ghiaccio a diverse profondità. Alcuni livelli scuri all’interno della carota contengono polvere minerale proveniente dal Sahara che consentirà una ricostruzione della frequenza e delle variazioni di circolazione atmosferica durante gli ultimi secoli della storia climatica della Terra. A questo scopo è stato identificato un minerale marcatore per i trasporti di polveri dal Nord Africa, la caolinite.
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