Il nuovo studio smentisce però questo scenario: gli eventi di domesticazione della vite selvatica sono stati in realtà due, uno in Asia occidentale e l’altro nella regione del Caucaso, al confine tra Asia ed Europa. Inoltre, i due eventi sono avvenuti contemporaneamente, circa 11mila anni fa, quindi in concomitanza con l’avvento dell’agricoltura e 4mila anni più tardi rispetto a quanto ritenuto in precedenza. I dati genetici suggeriscono anche che sono state coltivate da subito sia l’uva da vino che quella da tavola e che le due domesticazioni sono avvenute con modalità molto simili, selezionando le stesse caratteristiche.
Per fare luce su questo mistero, i ricercatori hanno ricostruito nel dettaglio il Dna del progenitore della vite selvatica, che è servito da punto di riferimento. Hanno poi sequenziato il Dna proveniente da più di 3mila campioni raccolti in tutto il mondo. Tra l’altro, molti dei campioni provenienti dall’Armenia non erano mai stati documentati prima. In questo modo, gli autori dello studio hanno anche identificato alcuni geni, relativi a sapore, colore e consistenza dell’uva, che potrebbero aiutare i viticoltori a migliorare i loro prodotti e a rendere le varietà attuali più resistenti ai cambiamenti climatici.
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