Da un lato la miniera dismessa di Sos Enattos, a Lula, in una zona poco popolata della Sardegna e con una minima sismicità; dall'altro Limburg, in Olanda, al confine con Belgio e Germania e non lontana da Maastricht: sono le due aree candidate a ospitare uno dei progetti scientifici più ambiziosi di sempre, ossia l'Einstein Telescope da 1,8 miliardi di euro, capace di ascoltare le vibrazioni dell'intero universo a caccia di onde gravitazionali. E' una gara aperta, quella in corso fra Italia e Olanda, e destinata a proseguire fino al 2025, quando dovrebbe essere selezionato il sito.
Bernini, una mobilitazione internazionale per portare l'Einstein telescope in Italia
"Ci stiamo mobilitando per portare in Barbagia l'Einstein Telescope: stiamo cercando appoggi e consensi anche a livello internazionale, dalla Serbia all'Egitto", ha detto la ministra dell'Università e della Ricerca, Anna Maria Bernini, inaugurando l'anno accademico a Cagliari. "Noi siamo degli innovatori - ha aggiunto - e il premio Nobel Parisi ci dice che c'è uno solo posto per il telescopio: Sos Enattos. Sì può creare intorno a Lula una comunità scientifica come accaduto per il Cern di Ginevra", ha ribadito Bernini. Lo studio di fattibilità, con 50 milioni di risorse del Pnrr e chiamato Etic, lo studio di fattibilità è stato assegnato dal governo all'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn), ha detto ancora Bernini durante la visita al sito di Sos Enattos . Nell'ambito del progetto, ha aggiunto, "saranno date delle risposte che poi saranno processate dalla Presidenza del Consiglio" per la candidatura di Sos Enattos, nell'ex miniera di Lula, a ospitare l'Einstein Telescope.
"Gli esperti di fisica mi dicono che, proprio perché la zona non è antropizzata e non ci sono ancora le infrastrutture fisiche, questo di Sos Enattos sia favorito come sito rispetto al concorrente nei Paesi Bassi. Quindi non solo non siamo indietro ma siamo favoriti, proprio perché ha bisogno di silenzio", detto ancora la ministra Bernini in visita all'ex miniera. "Quelle università, ferrovie, pale eoliche e collegamenti che sono già fisicamente presenti a Maastricht - ha aggiunto - potrebbero rappresentare un deterrente".
Pallavicini (Infn), i siti italiano e olandese a confronto
E' stata l'Italia, fra il 2007 e il 2009, a proporre per prima l'idea di costruire uno strumento come l'Einstein Telescope, dice all'ANSA il vicepresidente dell'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn), Marco Pallavicini.
"Pensiamo di avere elementi scientifici oggettivi per preferire Lula", osserva riferendosi al fatto che "la Sardegna è fra le 30 zone meno sismiche del mondo: una caratteristica fondamentale perché la ricerca sulle onde gravitazionali prevede strumenti che non possono essere disturbati nemmeno da vibrazioni delle dimensioni di un nucleo atomico". Sotto questo aspetto la Lula offre una schermatura naturale rispetto a Limburg, "dove la sismicità è più elevata, tipica dell'Europa centrale, e la zona è molto antropizzata, con ferrovie e autostrade".
E' vero però, prosegue Pallavicini, che la "scelta non è solo scientifica, ma basata anche su considerazioni economiche, politiche e sociali".
Ci sono due anni per decidere e non è detto che alla fine si debba scegliere in un'unica direzione: "c'è anche l'ipotesi scientifica di costruire due rivelatori, uno a Lula e uno a Limburg", sul modello dell'osservatorio americano Ligo.
Nel frattempo l'Italia si prepara, forte del finanziamento di 50 milioni dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr), destinati sia a progetto preliminare, stima dei costi e studi di fattibilità ingegneristica, sia per sviluppare le nuove tecnologie necessarie a uno strumento così innovativo.
L'altro elemento di forza dell'Italia è un solido comitato scientifico, presieduto dal Nobel Giorgio Parisi e del quale fanno parte fisici come Fernando Ferroni, Marica Branchesi, il presidente dell'Infn Antonio Zoccoli e l'ambasciatore Ettore Sequi, che ha avuto l'incarico di avviare la discussione politica in Europa.
Il sogno dei fisici è iniziare a costruire l'Einstein Telescope nel 2026: "è un desiderio, dipenderà dalle risorse.
Trovarle in tre anni - conclude Pallavicini - è molto ambizioso, ma non impossibile". D'altro canto il tempo stringe anche perché, dall'altra parte dell'Atlantico, gli Stati Uniti stanno pensando a un progetto simile.
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