È possibile spegnere il gene responsabile di una particolare forma di autismo, facendo così regredire i sintomi principali. Il risultato è stato ottenuto in laboratorio su organoidi di cervello, cioè aggregati di cellule che riproducono alcune funzioni dell'organo e ne replicano le caratteristiche più importanti, ottenuti a partire da cellule prelevate da pazienti affetti da disturbi causati dall’alterazione di una porzione del cromosoma 7. Lo studio, guidato da Università di Milano, Istituto Europeo di Oncologia e Human Technopole, e pubblicato sulla rivista Science Advances, costituisce un passo avanti per il trattamento farmacologico dell’autismo.
In Italia, i disturbi neuropsichiatrici dello sviluppo colpiscono quasi 2 milioni di bambini e ragazzi, tra il 10% e il 20% della popolazione tra 0 e 17 anni, con manifestazioni molto diverse tra loro per tipologia, decorso e prognosi. Tra questi, i disturbi dello spettro autistico non possono vantare alcuna terapia farmacologica, soprattutto a causa della limitata comprensione dei meccanismi molecolari alla base.
Per fare un po’ di luce, i ricercatori coordinati da Giuseppe Testa hanno applicato tecnologie ad altissima risoluzione e innovativi approcci di analisi dei dati. Hanno così scoperto che un gene chiamato GTF2I, che codifica per una proteina regolatrice per molti altri geni, è il principale responsabile delle alterazioni. Chiarendo il suo meccanismo d’azione, gli autori dello studio (che vede come primi firmatari Alejandro Lopez-Tobon, Reinald Shyti, Carlo Emanuele Villa e Cristina Cheroni) hanno poi selezionato delle molecole in grado di ‘spegnerlo’, facendo regredire i sintomi.
“Trattandosi, per lo spettro autistico, di manifestazioni comportamentali che possono esser causate da alterazioni in varie centinaia di geni – conclude Testa – la sfida sarà capire se questa opportunità che si inizia ad aprire per questa particolare forma possa essere auspicabilmente percorribile anche in un sottogruppo più ampio di condizioni autistiche”.
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