Completato il più grande atlante delle mutazioni genetiche umane: basato sull'analisi dei tessuti di centinaia di donatori sani, permette di comprendere meglio le basi molecolari di condizioni legate al malfunzionamento cellulare (compreso l'invecchiamento) e apre la strada alla possibilità di diagnosticare e trattare molte malattie genetiche. Il risultato è pubblicato sulla rivista Science dall'americana Oregon Health & Science University.
Il nuovo atlante permette di avere un'ampia visione d'insieme delle alterazioni genetiche che possono insorgere nel corso della vita, man mano che le cellule si moltiplicano e accumulano errori nella replicazione del Dna creando un vero e proprio mosaico genetico. Per ricostruirlo, i ricercatori sono partiti da 54 tessuti e tipi di cellule prelevati da 948 persone decedute che avevano donato il proprio corpo alla scienza. Grazie a un nuovo metodo computazionale che ha permesso di analizzare i dati ottenuti con il sequenziamento massivo dell'Rna, è stato possibile tracciare una sorta di albero dello sviluppo su cui è stata mappata l'insorgenza delle mutazioni nei vari tessuti delle persone.
"Questo studio rivela che il genoma umano è più dinamico di quanto pensassimo", commenta Giuseppe Novelli, genetista dell'Università di Roma Tor Vergata. "Dimostra infatti che una certa percentuale di mutazioni che pensavamo insorgessero durante la formazione dei gameti (ovuli e spermatozoi) compaiono in realtà dopo la fecondazione e la formazione dello zigote. Poiché il contributo di tali mutazioni alla malattia umana diventa sempre più evidente, questa conclusione potrebbe benissimo avere implicazioni cliniche. Ci ricorda inoltre che un test genetico non è un semplice esame di laboratorio, ma richiede valutazioni e analisi complesse come lo studio contemporaneo di più tessuti di uno stesso individuo". Dalla ricerca statunitense emerge inoltre che molte mutazioni insorgono in modo sistematico e in un certo senso prevedibile con l'invecchiamento, mentre il 10% circa sembra essere determinato da una causa intrinseca, legata ai geni stessi o all'influenza dell'ambiente.
"Abbiamo imparato che alcuni tessuti, come quelli dell'esofago e del fegato, acquisiscono molte mutazioni mentre altri, come nel caso del cervello, ne acquisiscono meno", osserva la prima autrice dello studio, Nicole Rockweiler. "Questo ha senso - aggiunge - perché l'esofago e il fegato sono esposti a molte tossine di origine ambientale e le loro cellule devono trasmettere il loro messaggio in un ambiente 'rumoroso'. Anche le poche mutazioni del cervello hanno senso, perché il cervello è sostanzialmente formato da cellule che non si replicano". Tutte queste informazioni potranno avere in futuro un impatto sul modo in cui vengono trattate molte malattie. "Oggi ci sono molte tecnologie che ci permettono di modificare il genoma", conclude il coordinatore dello studio, Don Conrad. "Potrebbe diventare possibile correggere le mutazioni che abbiamo acquisito per colpa della sfortuna o delle cattive abitudini".
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