A regolare la durata della gravidanza e il momento del parto è un vero e proprio 'braccio di ferro' tra i geni della madre e quelli del feto, che hanno interessi contrastanti: mentre il genoma della donna favorisce un inizio anticipato del travaglio, nell'interesse della sua stessa sopravvivenza, quello del nascituro punta invece a prolungare il più possibile la gravidanza. Il risultato è una sorta di compromesso, e i geni alla base di questo 'accordo' sono stati portati alla luce da un vasto studio pubblicato sulla rivista Nature Genetics e guidato dall'Università svedese di Göteborg. I risultati aprono la strada allo sviluppo di farmaci per prevenire le nascite premature, ma anche per indurre il parto.
Globalmente, le nascite pretermine (cioè quelle che avvengono prima della 37esima settimana di gravidanza) costituiscono la causa più frequente di morte tra neonati e bambini fino ai 5 anni, e quanto più la nascita risulta anticipata tanto più elevato è il rischio. I ricercatori guidati da Pol Solé Navais hanno dunque cercato di indagare le cause genetiche alla base di questi eventi, in uno studio che ha coinvolto più di 279mila individui. I dati così ottenuti hanno permesso di identificare numerose varianti genetiche precedentemente sconosciute associate al momento del parto, che forniscono informazioni preziose sui meccanismi biologici sottostanti.
Gli autori dello studio, esaminando 136.833 casi, hanno anche cercato di capire se la durata della gestazione è determinata dai geni della donna o del feto, e i risultati supportano l'ipotesi di una lotta genetica tra madre e figlio. "Quello che vediamo è che potrebbe esserci un conflitto tra i genomi della donna e del nascituro quando si tratta della durata della gravidanza", commenta Navais, "che alla fine raggiungono una sorta di accordo di compromesso".
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