Sono sempre in calo i casi di Covid-19 in Italia, con una diminuzione dei nuovi contagi pari al 20% circa a settimana. Ma se nel nostro Paese la situazione continua a evidenziare segnali di miglioramento, preoccupa ora il quadro internazionale con la guerra in Ucraina che, secondo l'epidemiologo Cesare Cislaghi, potrebbe innescare nuovi focolai epidemici. Il trend che conferma il raffreddamento dell'epidemia è evidente negli ospedali, dove l'occupazione delle terapie intensive da parte dei pazienti Covid a livello nazionale scende di un punto percentuale e torna al 7%, anche se tre Regioni superano ancora la soglia di allerta del 10%, ovvero Marche (all'11%), Sardegna e Lazio (al 13%).
Lo indicano i dati del monitoraggio dell'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Agenas), relativi al 28 febbraio, in base ai quali resta invece al 17% l'occupazione dei posti nei reparti ospedalieri di area non critica. E si intravede finalmente "la possibilità di arrivare nel mese di marzo a chiudere le aree Covid negli ospedali pediatrici", ha affermato il presidente dell'Associazione degli ospedali pediatrici italiani (Aopi) Alberto Zanobini. Al 28 febbraio sono 96 gli ospedalizzati tra i bambini e ragazzi, contro i 122 della settimana scorsa, quando era stata registrato un calo per la prima volta da settimane. Segnali positivi, dunque, anche se i dati del bollettino quotidiano del ministero della Salute segnano un incremento da inquadrare, tuttavia, in un contesto di fisiologiche fluttuazioni dei dati su base giornaliera. Nelle ultime 24 ore sono 46.631 i nuovi contagi, rispetto ai 17.981 di ieri, mentre le vittime sono 233 (ieri erano state 207). Il tasso di positività è all'8,8%, in lieve calo. Sono invece 708 i pazienti ricoverati in terapia intensiva, 6 in meno rispetto a ieri, ed i ricoverati con sintomi nei reparti ordinari sono 10.456, ovvero 395 in meno in 24 ore.
Il trend di decrescita dei casi, spiega Cislaghi all'ANSA, "è costante, senza accelerazioni o decelerazioni, facendo registrare in media una diminuzione del 20% di nuovi contagi a settimana". E' un andamento che va letto positivamente anche se, precisa, " va considerato il fatto che si stanno effettuando nelle ultime settimane un minor numero di tamponi". Positivo pure il fatto che il parametro della letalità, "ovvero il numero di decessi in un determinato giorno rispetto ai contagi registrati tre settimane prima, che è il tempo di latenza medio del virus, ora registra un calo ed è pari al 2 per mille, quindi un valore basso, stabile da 20 giorni. A dicembre 2021 era pari all'1% e a metà dello scorso anno era al 3%".
Tuttavia, avverte l'epidemiologo, "il numero dei casi è ancora abbastanza elevato ed è dunque ancora necessaria prudenza, perchè nuove filiere di contagio possono nuovamente innescarsi".
Ciò soprattutto alla luce del conflitto in Ucraina. Pur non essendo questo aspetto "la priorità, considerata la tragedia che il popolo ucraino sta vivendo, la guerra potrebbe infatti rappresentare anche una 'miccia' per una nuova ed imprevedibile fase epidemica di Covid-19 in quel Paese, con rischi - sottolinea l'esperto - anche per il resto dell'Europa, ed un forte rischio di ripresa dei contagi potrebbe essere innescato proprio dalla vita militare e tra i soldati".
Sicuramente, rileva Cislaghi, "la promiscuità della vita militare favorisce i contagi di una pandemia che si trasmette attraverso le vie respiratorie". E mentre da oggi 1 marzo si allentano le misure sulla circolazione internazionale, con lo stop alla quarantena dai Paesi extra Ue stabilito per l'Italia dall'ordinanza del ministero della Salute, il ministro delle finanze tedesco, Christian Lindner, avverte che anche se tutti gli sforzi sono concentrati sulla guerra, "la pandemia non è superata". E annuncia che la Germania investirà altri 1,5 miliardi di dollari nella lotta al virus.