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De Stefani: 'In Italia si salva solo il 10-15% dei Centri di salute mentale'

Per il fondatore de 'Le Parole ritrovate' ci sono delle criticità intollerabili

Martino Iannone ROMA

"Solo il 10-15% dei servizi che in Italia si occupano della salute mentale in Italia è in uno stato buono o accettabile. Nella maggioranza carente quando non disastrosa, con criticità intollerabili". È il parere di Renzo De Stefani ex Direttore del Dipartimento di salute mentale di Trento e fondatore de 'Le parole ritrovate', il movimento di ispirazione basagliana che con il 'Fare assieme' aiuta migliaia di utenti dei centri di salute mentale (Csm), in Italia.

L'occasione per fare il punto su questo settore è la giornata mondiale della Salute che si celebra il 7 aprile. "Dalla morte di Basaglia, più di 40 anni fa, la salute mentale - spiega De Stefani - è uscita dal dibattito politico e mediatico e con lei sono 'scomparsi' quasi un milione di persone duramente colpite dalle malattie mentali 'pesanti' e due/tre milioni di loro familiari. Che il presidente del consiglio Mario Draghi abbia messo la salute mentale nel suo programma di governo è un segnale molto forte, anche perché in tempi di Covid le fragilità del disagio psichico assumono un peso ancora più rilevante". Sulla situazione dei Csm in Italia, De Stefani elenca una serie di criticità: "Orari di apertura sempre più risicati, percorsi di cura che troppo spesso dimenticano le persone che si allontanano dai Centri nei momenti di maggior malessere e che vengono abbandonati al loro destino. Le crisi affrontate solo se è l'utente a presentarsi al Centro, mentre i familiari angosciati si sentono dire 'Portatelo al Centro. Se non è motivato a farsi curare cosa possiamo fare noi?' ".

Ci sono poi ancora centri che praticano i Tso, ovvero i trattamenti sanitari obbligatori, e che somministrano troppi psicofarmaci: "I Tso - rileva De Stefani - sono fatti con faciloneria, per gestire impropriamente le crisi. Più della metà sarebbero evitabili con impegno e passione. Troppi si fanno in 5 minuti, e la prima cosa da fare è buttar via l'orologio! La somministrazione di psicofarmaci a vita o quasi. Scelta tanto comoda quanto dannosa.  Per non parlare poi di genitori ai margini quando non del tutto esclusi dai percorsi di cura dei propri figli, tantissime comunità ad altissima protezione, e per di più costosissime, in un clima e gestione da vecchio manicomio. E voglio credere che il premier Draghi un po' questa situazione drammatica la conosca".

Riguardo alla realtà di Trento, del dipartimento che De Stefani ha diretto per 20 anni, e considerato uno dei pochi centri di eccellenza italiana, la situazione sembra cambiata. "È vero - rileva De Stefani - ed è stato un po' tutto il sistema a perdere colpi, per la responsabilità di tanti. Il Tavolo di concertazione è in aspettativa. I percorsi di cura condivisi sono al lumicino. La risposta alle crisi non è più una priorità e i Tso sono aumentati non di poco. Da gennaio il Centro, dopo 20 anni, ha chiuso la domenica mattina, riaprendo dopo molte insistenze solo ad aprile". Come intervenire, a Trento come in tutta Italia? "Servirebbe una bacchetta magica in tutte le Asl - conclude De Stefani - perché riscoprano che la salute mentale non è la Cenerentola da porre sempre in coda alla lista della spesa e sanino quelle intollerabili criticità di cui abbiamo detto. Perché milioni di nostri concittadini ci stanno morendo".

(martino.iannone@ansa.it
   

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