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A bordo dell'elisoccorso operativo di notte IL REPORTAGE

Lo staff: "Grazie ai visori notturni al fosforo bianco di terza generazione vediamo tutto"

di Stefan Wallisch BOLZANO

Sono da poco passate le 20, quando l'elicottero rosso fiammante dell'Aiut Alpin Dolomites si alza in volo. La piazzola di atterraggio, illuminata a giorno dai fari, diventa sempre più piccola e poi, con una manovra decisa, il velivolo si tuffa nel buio della notte. In basso si vedono i paesi della val Gardena e la sottile vena della statale, illuminata di tanto in tanto dalle macchine in transito. Tutto intorno regna invece il nero più assoluto. Con estrema sicurezza il pilota Davide Subrero dirige il velivolo verso l'ombra scura l'Alpe di Siusi per poi proseguire verso il Sasso Lungo. Con i visori notturni vede ogni albero, ogni casa ed ogni altro possibile ostacolo.

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Dallo scorso febbraio il servizio di elisoccorso Aiut Alpin Dolomites è operativo anche di notte. Dopo un lungo iter burocratico e addestrativo, l'elicottero gardenese, attualmente il primo in Italia, vola anche al buio tra le guglie e le vette di montagna. "Grazie ai visori notturni al fosforo bianco di terza generazione vediamo tutto, volare di notte è come volare di giorno. Non ci sfugge nulla", spiega con la sua voce pacata il 64enne fondatore del famoso servizio di elisoccorso. Infatti, l'immagine è perfetta, in un bianco e nero nitidissimo. Finora, come altrove, l'Airbus H135 T3 poteva volare solo da una piazzola illuminata ad un'altra, come per esempio da un campo da calcio all'ospedale.

"Ma questo - aggiunge Kostner - non è di grande utilità per il soccorso in montagna. Grazie alla nuova legge europea ora possiamo anche volare di notte e recuperare feriti ai rifugi oppure direttamente sulle montagne". Nel rumore assordante del motore Davide e Raffaele comunicano via interfono con le cuffie. Entrambi hanno i visori montati sul casco. "In fase di decollo e di atterraggio non li usiamo, ma illuminiamo il suolo con i fari dell'elicottero, perché l'occhio umano riesce meglio valutare le distanze", dicono. Nella cabina fa molto caldo. Davide, il pilota, spiega: "Non è che abbiamo freddo, ma se apriamo il portellone laterale per recuperare il ferito il parabrezza in un istante si gelerebbe internamente e saremmo spacciati. Con il riscaldamento a manetta questo non avviene". Questo è solo uno dei trucchetti di chi va elisoccorso in montagna. Gli angeli dell'Aiut Alpin Dolomites volano ormai da 30 anni. "All'epoca ero capo del soccorso alpino della val Gardena e troppa gente, anche amici cari, ci moriva tra le mani perché i tempi di trasporto verso l'ospedale erano troppo lunghi. Così abbiamo preso il nostro primo elicottero e tutti dicevano che eravamo pazzi", racconta con una certa soddisfazione Raffael, che in questi anni ha visto tanta sofferenza e dolore, ma con i suoi uomini ha anche salvato molte vite.

"Ogni intervento - commenta - può di colpo diventare estremo, come l'altro giorno, mentre stavamo recuperando in volo un ragazzo di 13 anni dal Sasso Lungo è arrivata oltre la cresta la nebbia come un'enorme onda. In questi momenti conta l'esperienza". Dopo l'intervento Raffael e Davide si rilassano un attimo nella torre di controllo e depositano i visori notturni con delicatezza in un cofanetto, come se fossero strumenti preziosi, come in realtà sono. Anche oggi, 30 anni dopo, c'è chi dice che quelli dell'Aiut Alpin sono dei pazzi. "Perché abbiamo intrapreso quest'avventura del volo notturno? La ragione - risponde il capo - è sempre la stessa: salvare vite umane".

   

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