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La terapia del dolore inizia dalla formazione dei medici

Covid ha ridotto attività e personale nei centri specializzati

ROMA ANSAcom

Tre italiani su 10 hanno ricorso a farmaci per curare il dolore cronico almeno una volta nella vita. Ma l'accesso a queste terapie è ancora molto diverso da regione a regione e l'emergenza coronavirus è andata di pari passo a una riduzione delle attività e del personale sanitario dei centri di terapia del dolore a causa di trasferimenti di risorse presso i reparti Covid. A riportare il problema al centro dell'attenzione è un’iniziativa organizzata da Sandoz che ha promosso la definizione di un "Manifesto sul dolore" da parte di un gruppo esperti e la presentazione alle istituzioni nell'ambito di una tavola rotonda. “Sappiamo che l'accesso alla terapia del dolore è ancora molto disomogeneo sul territorio nazionale. Affinché questa iniquità venga sanata - spiega Paolo Siani, membro della 12/ma Commissione Affari Sociali della Camera - dobbiamo agire sulla formazione del personale sanitario per migliorare la presa in carico del paziente e quindi garantire l'adeguata gestione del dolore cronico”. A partire dalla formazione. L'organizzazione di percorsi in Educazione Continua in Medicina nell'ambito della gestione del dolore cronico e rivolti sia a specialisti che a Medici di medicina generale è una delle azioni proposte del Manifesto. Accanto a questo, è prevista la stesura linee guida da seguire nei percorsi universitari. “Molte università hanno inserito dei crediti formativi in terapia del dolore nei loro corsi ma non può essere un’opzione, deve essere un obbligo per tutti gli atenei", sottolinea Franco Marinangeli, responsabile Medicina Critica dell'Emergenza della Società Italiana di Anestesia Analgesia Rianimazione e Terapia Intensiva (Siaarti). Per la gestione del dolore cronico servono farmaci, ma non solo. "Questa condizione invalidante ha un impatto forte sulla qualità di vita - sottolinea la senatrice Paola Binetti, membro della 12/ma Commissione Igiene e Sanità del Senato - il trattamento farmacologico è fondamentale, ma deve inserirsi all'interno di un percorso complessivo di presa in carico del paziente in cui sono presenti anche interventi di supporto emotivo e psicologico, familiare e sociale, includendo anche, se richiesto dal paziente, un aiuto di tipo spirituale”.

In collaborazione con:
Sandoz

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