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Epatite C, in Toscana calo dei nuovi trattamenti

Esperto, fenomeno fisiologico, serve aiuto medici base

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In Toscana, come nel resto d'Italia, c'è stato un calo dei pazienti ammessi ai trattamenti per l'epatite C, e non sarà possibile invertire il trend se non si mobiliteranno i medici di medicina generale per farvi accedere le persone che sanno di avere l'infezione ma preferiscono non curarsi. Lo afferma Stefano Brillanti, professore di Gastroenterologia dell'Università di Siena. "Sicuramente la situazione nella nostra regione è buona, le istituzioni hanno seguito fin dall'inizio l'evoluzione delle normative sui nuovi trattamenti - spiega Brillanti -. Dalla parte dell'amministrazione è stato fatto tutto il necessario, sono state stanziate anche risorse ad hoc per potenziare l'offerta assistenziale. Ora però si assiste a un calo fisiologico dei trattamenti, che dai 4mila del 2018 sono passati a circa 2500, perché i pazienti già conosciuti ormai sono quasi tutti in trattamento. C'è sicuramente un bacino di popolazione sommersa che ruota ad esempio intorno a istituzioni come i Serd, ma al di là di questo uno dei dati che lascia perplessi è che nella popolazione residente c'è una quota di pazienti noti con Hcv che non sono mai andati ai centri prescrittori".

In questo caso è il medico di base la chiave per aumentare la popolazione che accede al trattamento, sottolinea Brillanti, che ricorda come 'all'appello' in Toscana manchino almeno 10-12mila pazienti. "Ci sono popolazioni giudicate 'non meritevoli' di curarsi, come gli anziani o le persone con comorbidità, in cui magari la malattia procede lentamente. Questi soggetti però possono diventare fonte di infezione, ad esempio se in ospedale subiscono interventi invasivi, inoltre se poi il problema epatico evolve sarà molto più difficile affrontare eventuali altre malattie in maniera efficace. I medici di base hanno nei loro database tutti i nomi di queste persone, dovrebbero indirizzarli verso i centri prescrittori". Anche in presenza di altre patologie, spiega l'esperto, i trattamenti attuali sono sicuri. "Non ci sono controindicazioni effettive, anche perché non tutti i nuovi farmaci sono uguali, se il paziente ad esempio ha una insufficienza renale sceglierò un determinato farmaco, ma l'armamentario a disposizione ci permette di trattare praticamente tutti".

In collaborazione con:
Gilead

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