Antiretrovirali uniti a farmaci che potenziano le difese immunitarie anti-HIV specifiche per prolungare l'effetto di controllo dell'infezione": questo il futuro della lotta contro l'Hiv. Mentre già oggi si punta sulla profilassi pre-esposizione, per evitare il contagio in persone a rischio. A illustrare le prossime tappe della ricerca sull'Hiv è Andrea Antinori, direttore dell'Uoc Immunodeficienze virali dell'Istituto per le Malattie Infettive Spallanzani, che non ha dubbi: "la lotta contro il virus va organizzata a vari livelli e con strategie combinate". Attualmente, per l'Hiv esistono terapie orali molto efficaci, da assumere quotidianamente, ma è in studio una nuova generazione di farmaci iniettabili a lento rilascio, che permetteranno di diminuire il numero di somministrazioni. "Oggi, comunque, la terapia antiretrovirale consente lo straordinario risultato di cronicizzare l'infezione, garantendo efficacia duratura, bassi effetti collaterali e una sopravvivenza prolungata. Tuttavia, la terapia va continuata tutta la vita, perché, con la sospensione della stessa, la situazione, nell'arco di poche settimane, ritorna al punto di partenza. La frontiera ulteriore è quella della cosiddetta "cura funzionale": Si tratta - spiega Antinori - di strategie di trattamento che prevedono la combinazione di antiretrovirali e altri farmaci o fattori biologici (come anticorpi neutralizzanti), che hanno l'obbiettivo, una volta sospesa la terapia antivirale, di indurre nell'organismo un controllo spontaneo della replicazione virale. Parliamo per ora solo di protocolli di ricerca, che non hanno utilizzo clinico". Già oggi invece, soprattutto all'estero, "si punta sulla Profilassi pre-Esposizione (PrEP), strumento di prevenzione molto prezioso, diretto invece ai soggetti sieronegativi ad alto rischio di acquisire l'infezione. Oggi si stima che quasi 400.000 persone ad alto rischio siano in PrEP nel mondo. Questa strategia, unita a un accesso universale alle terapie e a un rapido inizio del trattamento dei soggetti positivi, ha permesso una consistente riduzione di nuove diagnosi da Hiv in paesi come il Regno Unito, dove si è passati, negli ultimi 4 anni, da 9 a 6 casi per per 100.000 abitanti". Questo uno dei temi al centro dell'ICAR, la Conferenza italiana che ha riunito ricercatori, clinici pazienti e attivisti, e dove, a dominare, è stato il messaggio U=U: Undetectable = Untransmittable. "Ciò significa che - chiarisce Antinori - quando il virus è controllato stabilmente dalla terapia non c'è trasmissione, come ha dimostrato lo studio Partner 2, pubblicato su Lancet. E questo è un antidoto contro lo stigma". La lotta all'Hiv, insomma, va avanti. "Il nostro obiettivo dal punto di vista della ricerca - sottolinea Valentino Confalone, general manager di Gilead Italia - è quello di risolvere il problema delle resistenze, sviluppare un trattamento a lunga durata di azione e arrivare alla cura, cioè all'eliminazione del virus dall'organismo", così come oggi accade per i pazienti in terapia per l'Epatite C.
In collaborazione con:
Gilead