Il 'Tram della sensibilizzazione',
per diffondere conoscenza sull'epatite C e invitare i cittadini
a sottoporsi al test di screening, inaugura oggi il suo viaggio
per le vie di Milano nell'ambito della campagna 'Epatite C.
Mettiamoci un punto' promossa da Gilead Sciences.
A quanto emerge da un'indagine realizzata a AstraRicerche per
la società biofarmaceutica, soltanto il 20% degli italiani
dichiara di conoscere bene la patologia e appena 4 su 10 sanno
che oggi l'epatite C si può curare. Sempre stando alla ricerca,
inoltre, la propensione a fare il test aumenta esponenzialmente
quando le persone vengono informate correttamente, passando dal
29,6% al 45,5%. La campagna, supportata anche da uno spot
radiofonico, dal coinvolgimento di influencer e da un sito per
conoscere la malattia e le sue modalità di trasmissione, si
inserisce in un più ampio contesto di lotta alle epatiti, con la
volontà di contribuire al raggiungimento dell'obiettivo Oms di
eradicazione del virus Hcv entro il 2030.
Come fa sapere Gilead, la malattia si trasmette
principalmente attraverso il contatto con sangue infetto, e
quindi con la condivisione di oggetti per la cura personale come
rasoi, spazzolini da denti, strumenti per la manicure o
pedicure, lo scambio di aghi o siringhe, l'esecuzione di
tatuaggi o piercing con aghi non sterili. Stando alla ricerca,
però, solo 1 su 10 ritiene di essere un soggetto potenzialmente
a rischio epatite C. Una falsa percezione che si rispecchia
nella convinzione che a rischio epatite C siano solo specifici
gruppi di persone: gli intervistati mettono al primo posto i
tossicodipendenti per via iniettiva (46,3%), in seconda
posizione, le persone che si sono sottoposte a trasfusione o
trapianto d'organo (42,90%), al terzo gli alcolisti (30,57%).
Solo 2 italiani su 10 associano tatuaggi (24,8%) e piercing
(23,5%) al rischio epatite C. Quota che diminuisce drasticamente
per le pratiche estetiche (13,6%).
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