I dispositivi di protezione dal
coronavirus non influiscono sulla qualità del massaggio
cardiaco. Lo dimostra uno studio di Eurac Research e della Croce
Bianca. In caso di arresto cardiocircolatorio, la prima misura
salvavita è la rianimazione cardiopolmonare. Da un anno a questa
parte per le squadre di soccorso, è subentrato un cambiamento
importante: a causa del rischio di infezione, è ora necessario
effettuare il massaggio cardiaco indossando dispositivi di
protezione.
Fisicamente molto faticoso di per sé, eseguire il massaggio
cardiaco con maschere Ffp2 o Ffp3 e tute protettive è percepito
dai soccorritori come ancora più impegnativo e difficile. Un
team di ricercatori di Eurac Research insieme a soccorritori
della Croce Bianca di Bolzano, Merano e Brunico, ha studiato se
l'equipaggiamento protettivo comprometta effettivamente la
qualità del massaggio cardiaco che è stato eseguito su un
manichino speciale, sia con l'attrezzatura di protezione
completa che senza. Il manichino permette di misurare con
precisione la profondità e la frequenza della compressione. I
test non hanno rilevato alcuna differenza nell'efficienza
dell'esecuzione.
"Ci siamo concentrati esclusivamente sulla qualità delle
compressioni toraciche - spiega Simon Rauch, medico di terapia
intensiva e ricercatore di Eurac Research, che ha condotto lo
studio - Naturalmente, ci sono altri fattori che rivestono un
ruolo, come il tempo necessario per indossare l'equipaggiamento
protettivo, ma qui le squadre di primo soccorso si organizzano
in modo che un soccorritore inizi immediatamente la
defibrillazione mentre l'altro indossa la tuta protettiva per
continuare con le compressioni toraciche. In questo modo non si
perde tempo prezioso".
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