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>>>ANSA/ Basaglia, con Covid torna questione salute mentale

A 40 anni dalla morte il ricordo di chi lavorò con lui

Redazione ANSA TRIESTE

(di Francesco De Filippo) (ANSA) - TRIESTE, 27 AGO - A 40 anni dalla prematura morte di Franco Basaglia, il 29 agosto 1980, il problema del disagio mentale e l'approccio rivoluzionario che lo psichiatra veneziano adottò, a causa del Covid-19 prepotentemente ridiventa centrale.
    Vuoi per la Legge 180 che chiuse i manicomi, o perché l'obiettivo di Basaglia per certi aspetti è stato raggiunto, o perché come dice Franco Rotelli (che condivise tutta l'esperienza triestina) "la nuova generazione non ha visto i manicomi dunque non conosce la spinta a togliere di mezzo quella scandalosa situazione", sembrava che la rivoluzione sul concetto e la terapia della follia si fosse esaurita. Invece tra tanti ambiti scompaginati dal Coronavirus c'è quello psichiatrico, dunque il tema "del medico che si deve occupare del benessere dell'uomo, la priorità 'prima l'uomo e poi il malato'", inquadrato in una comunità - ricorda un altro basagliano di quegli anni, Augusto Debernardi - è riportato nell'agone del dibattito.
    A incaricarsene è l'ultimo direttore di ruolo del Dipartimento di salute mentale in città, Roberto Mezzina, che Basaglia lo incrociò negli ultimi anni. Bisogna misurare l'impatto della pandemia su utenti, famiglie e servizi: "Con il Covid dobbiamo fare uno sforzo per potenziare i legami sociali - spiega - I nostri servizi sul territorio vanno integrati con tutto il terzo settore per dare risposte globali e perché ci sia una risposta insieme con la medicina". Non nasce nel noto Parco di San Giovanni tutto questo: anche l'Oms lavora a piani d'azione in questo senso, ma è in questo Parco che il 31 agosto si riuniranno le più grandi organizzazioni internazionali della salute mentale per elaborare un piano d'azione. Una possibile proiezione nel futuro del pensiero basagliano.
    Di Basaglia è stato detto e scritto tutto. Potrebbe perfino apparire retorico ricordare il germe inoculato nello psichiatra dalla fenomenologia husserliana, l'esperienza di Gorizia, Parma e Trieste, il Marco Cavallo, la Trieste asburgica squadernata da un manipolo di camici bianchi che sembravano più matti dei matti che dovevano curare, il manicomio spalancato per liberare ciò che non si voleva vedere, sapere; rifiuti umani di una società purgata. Il Parco di San Giovanni divenne una sorta di comune, accolse studiosi, medici o semplici volontari da ogni parte del mondo. Debernardi definisce il leader "il primo e l'ultimissimo partigiano della libertà, che unì il discorso scientifico alla necessità della libertà dell'uomo". Un percorso contrassegnato da "urgenza e visionarietà" che portarono Basaglia ad "avviare in 4/5 anni un cambiamento così radicale che non si ferma nonostante i tentativi", indica un altro protagonista del tempo, Peppe Dell'Acqua, che ha riproposto con testi e pièce teatrali quella entusiasmante esperienza. Tuttavia, dopo la morte Basaglia troppo rapidamente e facilmente è stato trascurato.
    Sarà per la politicizzazione di quella rivoluzione o per il seguito che è mancato al pensiero (all'impegno) di Sartre, Foucault, Goffman, con cui Basaglia si confrontava, ma è immeritata l'azione di banalizzazione, lo spostare di lato lo studioso dal centro dell'attenzione. Grazie a lui (e sua moglie Franca Ongaro) l'Italia è stato il primo Paese al mondo a chiudere i manicomi. Modello che non ha molti proseliti: per negligenza e mancanza di coraggio, non per errore. "Ciò che accaduto qui è rilevante. Dopo 40 anni molte cose sono andate avanti in Italia, altre no, ma tante cose ancora restano da fare", sintetizza Rotelli. La scienza ha fatto il suo dovere, ora tocca "alla politica". Si risveglino le coscienze, "a partire dal Coronavirus, perché il disagio psichico è grande".
    Basta col discutere di "Mes o non Mes, è importante spendere bene i soldi, non gli strumenti, e bisogna investire un miliardo di euro nella salute mentale". E intanto prosegue l'iter della candidatura di Basaglia a Nobel per la Pace. (ANSA).
   

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