"Nessun test diagnostico per Covid-19
ha avuto una formale validazione per essere utilizzato negli
animali. E' necessaria cautela: non è ragionevole che qualsiasi
laboratorio, con qualsiasi sistema non validato, possa emettere
una diagnosi che ha un impatto, anche a livello mediatico sulla
popolazione, così importante". Così, durante Tutta Salute su Rai
Tre, Umberto Agrini, direttore del
Dipartimento Sicurezza Alimentare, Nutrizione e Sanità pubblica
veterinaria dell'Istituto Superiore di Sanità (Iss).
Occorre, ha proseguito, "una cornice di regole per
l'attività diagnostica sugli animali, attraverso test rigorosi".
Quanto
alla preoccupazione che i pet possano trasmettere la malattia,
"nessuno del milione e mezzo di casi registrati di Covid-19
nell'uomo fino ad oggi - ha sottolineato l'esperto - è dovuto ad
animali. Ma dobbiamo stare attenti a che la situazione non
evolva in modo imprevedibile, perché i virus, per loro natura,
cercano continuamente nuovi territori da conquistare''. Dobbiamo
evitare - ha aggiunto - che ciò avvenga perché quando questo
avviene si aprono
scenari non facilmente prevedibili". Ad oggi, comunque, abbiamo
pochissimi casi di Covid negli animali: "due cani, due gatti e
un piccolo cluster di tigri nello zoo del Bronx, ma sono
pochissimi". Sembrerebbe che i felini, siano in generale più
suscettibili alla malattia respiratoria mentre i cani hanno
presentato infezione senza malattia. Gli animali domestici, nel
caso in cui il padrone sia positivo al contagio, ha concluso
"vanno comunque protetti adottando le stesse misure che
adottiamo rispetto agli altri componenti del nucleo familiare".
E, per pulirne le zampe dopo una passeggiata, "no alla
candeggina perché potrebbero ingerirla leccandosi".
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