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Cancro al polmone, immunoterapia funziona come 'prima cura'

Scommessa per il 2017, parte uno studio nazionale

Redazione ANSA VIENNA

Arrivare ad eliminare la chemioterapia nel trattamento del tumore al polmone, sostituendola con terapie più efficaci e meno invasive. A partire dall'immunoterapia, che mira a riattivare il sistema immunitario per combattere direttamente il cancro. Non è un obiettivo impossibile ma, anzi, concretizzabile nell'arco dei "prossimi anni", e già dal 2017 ci sarà una svolta: se nel 2016 l'80% dei pazienti con tale neoplasia ha ricevuto infatti solo la chemio, il prossimo anno "ci aspettiamo che il 50% dei pazienti sia candidabile da subito, ovvero dal momento della prima diagnosi, a trattamenti non chemioterapici e, in gran parte, immunoterapici".

Ad illustrare il nuovo scenario, che potrebbe radicalmente cambiare l'approccio di cura per tantissimi malati, è Federico Cappuzzo, direttore del Dipartimento di oncologia dell'Ospedale di Ravenna, in occasione della 17/ma Conferenza mondiale Iasl sul tumore al polmone. L'immunoterapia, spiega Cappuzzo, "è già il trattamento indicato per la seconda linea, ovvero nei pazienti con malattia avanzata che hanno già effettuato la chemio per il cancro polmonare, ma si sta dimostrando superiore rispetto alla chemio tradizionale ed è molto ben tollerata. Ora, la vera scommessa è sostituire completamente la chemio in prima linea, ovvero rendendola 'prima cura' già al momento della diagnosi, e la strategia, come dimostrano i risultati positivi di vari studi presentai al Congresso, è quella di utilizzare in combinazione varie molecole immunoterapiche innovative".

I risultati dei primi studi presentati sull'utilizzo dell'immunoterapia in prima linea, sottolinea, "sono incoraggianti e mostrano benefici su tutti i tipi di pazienti, con effetti collaterali molto gestibili". Ed in effetti, rileva Francesco Grossi, responsabile Unità tumori polmonari all'Irccs San Martino di Genova, "la tossicità grave dei farmaci immunoterapici è molto inferiore rispetto alla chemio, pari a circa il 10% contro il 60%, e questo ha un impatto fondamentale per la qualità di vita del paziente". E le percentuali di efficacia sono molto incoraggianti: il 30% dei pazienti con cancro al polmone risponde infatti all'immunoterapia in modo ottimo (con regressione della malattia) o buono (con la stabilizzazione), il 30% registra una diminuzione dei sintomi clinici pur in presenza di una progressione della malattia, mentre il 20% non risponde al trattamento.

E se non si può parlare ancora di totale 'guarigione', la sopravvivenza aumenta notevolmente ed anche chi non risponde ai nuovi farmaci, affermano gli esperti, risulta però più sensibile ai trattamenti successivi e la malattia rallenta. Una nuova frontiera, dunque, e l'Italia è protagonista: in un paio di mesi partirà infatti un nuovo studio nazionale, coordinato dall'Ospedale di Ravenna, che coinvolgerà 20 centri e 170 pazienti e testerà la combinazione delle due molecole immuniterapiche nivolumab e ipilimumab come prima linea per il cancro al polmone rispetto alla chemio.

Un'occasione importante perché "se è vero che nuove molecole sono in arrivo e che in Italia l'immunoterapia è rimborsata in seconda linea per alcune situazioni, come prima linea questi farmaci non saranno disponibili prima di 2-3 anni. Questo studio - conclude Cappuzzo - darà quindi a molti pazienti la possibilità di poter avere subito i nuovi trattamenti". 
   

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