"Non è da tutti vivere 2 volte ed io ora provo a vivere come un treno che non fa fermate".
Fiorangela oggi ha 45 anni ed ha vinto una durissima guerra contro la leucemia: ha raccontato la sua storia davanti al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, lo scorso 21 giugno, quando una delegazione dell'Associazione italiana contro le leucemie, linfomi e mieloma Ail - di cui fa parte - è stata ricevuta al Quirinale per i 50 anni di attività dell'associazione in occasione della Giornata Nazionale contro la leucemia.
"Una grandissima emozione - afferma - e al presidente Mattarella ho regalto un cuoricino rosso, portafortuna. Ma un'emozione ancora più grande è poter oggi testimoniare che il tumore si può vincere, dando speranza a tanti pazienti".
"Ventitrè anni fa ho affrontato la partita più importante della mia vita. Sconfiggere un avversario aggressivo e sconosciuto, la Leucemia. Da atleta di un campo di pallavolo sono passata ad un campo chiamato ospedale. Tutto è cominciato nel 1995 - racconta -. Al termine di un lungo periodo di lavoro trascorso all'estero, oltre a sentirmi molto stanca avevo un grosso livido sulla gamba. Da atleta militante in serie B, pensai a un colpo preso giocando con la mia squadra a pallavolo. Ma non era così. Su insistenza di mia madre mi sottoposi ad alcuni esami clinici, i cui risultati dimostrarono che tutti i valori del sangue erano completamente sballati al punto di richiedere un ricovero urgente presso il reparto di Ematologia La Sapienza di Roma, 'emigrando' così dalla mia Salerno. Ignara di ciò che stesse accadendo, raccolsi a casa uno zaino in pochi minuti, salutai gli amici dicendogli che sarei ritornata a breve ma la verità era che forse non li avrei mai più visti in quanto, una volta ricoverata in ospedale e dopo un doloroso ago aspirato al bacino, arrivò la terribile 'sentenza' della leucemia mieloide acuta. Mia madre fu la prima ad essere informata e non ebbe il coraggio di dirmelo. Era disperata. Spettò a medici giovanissimi parlarmi di una malattia che in quel momento aveva deciso di fermarmi e di strapparmi alla mia vita quotidiana. Mi comunicarono che per vincere occorreva iniziare delle cure importanti e che dovevo sottopormi alla chemioterapia, una terapia difficile con tanti effetti collaterali tra cui la perdita dei miei lunghissimi capelli; Ancora incredula tra pianti e domande sul perché proprio a me, iniziai la chemioterapia".
I medici ed il Professor Franco Mandelli - "il nostro grande Capitano, al fianco di noi pazienti 24 ore su 24" afferma Fiorangela - promisero di provare a salvarla. "Sono stati momenti terribili. Mi sentivo devastata - ricorda - dentro di me era scoppiata una guerra tra cellule buone e cellule cattive (quelle tumorali) ma mi piaceva immaginare, come nelle favole che i cattivi sarebbero morti e che per ucciderli occorrevano forti dosaggi di veleno, chiamati farmaci. Quei farmaci però avevano trasformato il mio corpo, a tal punto che evitavo di guardarmi allo specchio perché l'immagine riflessa non mi rappresentava, ero gonfia di cortisone ed il colore del mio viso era uguale alle bianche pareti dell'ospedale e in più avevo un tubicino che fuoriusciva dal mio petto. Vivevo i miei giorni in una stanza sterile, avevo perso venti chili, avevo le unghie nere ed avevo perso tutti i capelli e sognavo di uscire presto! Non riuscivo più a stare in piedi sulle mie gambe, nè a respirare da sola e dopo la scomparsa di tanti e direi troppi amici e giovani pazienti come me, avevo perso le speranze. Vivevo degli abbracci di mia madre e di flebo ma soprattutto in attesa di risposte, quelle che poi finalmente, all'improvviso sono arrivate".
Il Professor Mandelli comunicò infatti a Fiorangela che le chemio di quei mesi avevano funzionato e che la remissione dalla malattia era completa. Le cellule cattive erano state annientate, ma mancava un altro importante step da affrontare: "sottopormi al trapianto del midollo, anzi all'autotrapianto, poiché nessuno dei miei familiari risultava essere compatibile. Il 15 aprile 1996 sono stata sottoposta all'autotrapianto di cellule staminali. Da allora - afferma - il 15 aprile è divenuto il mio secondo compleanno che festeggio regolarmente con una grande festa e una mega torta". E' stato "un anno infernale, carico anche di ricordi bellissimi. Non dimenticherò mai il sostegno dei miei amici. Sotto la finestra dell'ospedale a cantare buon compleanno e a mostrare striscioni con su scritto 'la vera campionessa viene fuori nelle partite più importanti, dimostriamolo insieme, noi ci siamo!'".
"Ed io oggi ci sono e posso gridare, 'ho vinto!'. Si ho vinto, grazie alla ricerca scientifica. In quel letto di ospedale - ricorda - ogni giorno ho ricevuto un infinto amore, donatomi dai medici, da infermieri e da straordinari volontari Ail. Ogni giorno al mio fianco, ogni giorno a non farti sentire solo nella battaglia ed ogni giorno accanto ai miei familiari, ospitati gratuitamente nelle Case Ail". La malattia, afferma Rosangela, "è un viaggio di andata e ritorno dall'inferno. Colpisce non solo il paziente ma l'intera famiglia. Negli anni, il dolore si trasforma in cicatrici che col tempo diventano invisibili ma che il tuo cuore custodirà per sempre. Da allora ad oggi sono ritornata sui campi da gioco della pallavolo, ho terminato il mio percorso di studi in Economia e provo a vivere come un treno che non fa fermate. Ma la cosa più importante è essere diventata volontaria Ail, fondatrice della sezione di Salerno e volontaria nei reparti pediatrici".
"Ai pazienti che soffrono e alle loro famiglie dico di non perdere mai la speranza. Sono stati fatti grandi passi avanti e sono stati ottenuti grandi risultati grazie anche ad un seme piantato circa 50 anni fa dal nostro fondatore, un dolce angelo chiamato Franco Mandelli. Oggi quel seme è diventato un imponente e maestoso albero con profonde radici, che ha trasformato - conclude - le malattie del sangue da incurabili a curabili, e in molti casi guaribili!".