Troppo sale non fa bene alla
salute ma ora uno studio internazionale evidenzia che anche
quantità ridotte di sodio assunte ogni giorno possono influire
sulla pressione sanguigna delle persone. A questa conclusione
arriva una ricerca coordinata dal Dipartimento di Scienze
biomediche, metaboliche e neuroscienze dell'Università di Modena
e Reggio Emilia (Unimore), frutto di tre anni di lavoro,
pubblicata sulla rivista internazionale di medicina
cardiovascolare 'Circulation'.
Il progetto ha applicato una nuova metodologia statistica -
la cosiddetta 'one-stage meta-analysis' - allo studio
dell'effetto dell'assunzione di sale, e specificatamente di
sodio, sui livelli di pressione arteriosa sia nei normotesi che
negli ipertesi. "Le analisi precedenti - spiega Marco Vinceti,
coordinatore dello studio - pensavano che la relazione tra un
fattore e un esito sanitario fosse direttamente interpretabile
in un grafico con una linea retta. In natura le cose spesso non
stanno così. Uno dei meriti dell'analisi che abbiamo utilizzato
è la sua capacità di descrivere relazioni appunto 'non-lineari'
e ben più complesse".
In questo modo i ricercatori hanno evidenziato come un
effetto "nocivo", cioè di incremento dei livelli di pressione
sanguigna, si evidenzi già a livelli estremamente bassi di
assunzione alimentare di sodio (a partire cioè da 1-1,5 grammi
al giorno). Ciò avviene indistintamente sia nei maschi che nelle
femmine, nell'età giovanile e in quella più avanzata, nei
soggetti ipertesi (dove il fenomeno è più evidente) e nei
normotesi, nel breve e nel lungo termine, ed indipendentemente
dal trattamento con farmaci anti-ipertensivi.
"Le nostre osservazioni - aggiunge Vinceti - confermano la
bontà delle indicazioni fornite dalla American heart association
e molto recentemente dall'Efsa e dalla corrispondente autorità
statunitense, con le quali si invitava a contenere il consumo di
sodio della popolazione generale entro i limiti di 1,5-2,3
grammi al giorno".
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