Una riforma della rete di distribuzione dei carburanti carente. I sindacati di categoria entrano nei dettagli dopo che il Cdm ha rinviato l'esame del ddl carburanti per "approfondimenti" sulle criticità emerse e "sottolineate dalla categoria ma ignorate dal Mimit", denunciano gli stessi sindacati.
La riforma "non prevede la chiusura di 7-8mila impianti" quando una "razionalizzazione è necessaria" perché "il mercato è saturo", spiega la Fegica, sottolineando che ci sono 5.000 impianti che erogano appena 400 mila litri di carburante. "Le nuove regole più stringenti, poi, si applicherebbero solo ai nuovi e non ai vecchi impianti" ma invece "servono regole nuove per tutti", per razionalizzare e anche per "combattere la criminalità organizzata" presente nel settore. Secondo i dati di Fegica l'illegalità sottrae allo Stato 13-15 miliardi di euro l'anno e la vendita clandestina del carburante raggiungerebbe il 30%.
Altro punto critico del ddl carburanti riguarda la transizione ecologica. Il sindacato fa presente che le colonnine elettriche verrebbero "impiegate solo sui nuovi impianti e non sulla rete esistente" mentre le vecchie stazioni di servizio andrebbero "rafforzate proprio con l'elettrico e altre alternative", spiega Fegica, denunciando anche che chi chiuderà un impianto di distribuzione di carburante esistente potrà convertirlo in elettrico senza bonificarlo. "Sarebbe una bomba ecologica", avverte.
Infine, cancellare la norma che obbliga a esporre il differenziale fra prezzo self e servito sarebbe "un regalo" alle grandi compagnie petrolifere perché in questo modo "si oscura" il prezzo del servito dove i "margini sono straordinari", spiega Fegica. A spanne vale oltre un miliardo di euro per le compagnie, sottolinea.
A questo punto il sindacato chiede al governo spiegazioni sugli "approfondimenti" al ddl carburanti dopo il suo slittamento. "È stata una valutazione politica", afferma Fegica che, insieme alle altre sigle Faib e Figisc/Anisa, punta ad una "riforma condivisa" del settore. E in quest'ottica i sindacati di categoria si mettono "immediatamente a disposizione" del governo per riprendere il lavoro ma "senza veti e senza forzature per dimostrare tesi precostituite", avvertono.
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