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La scuola è finita, un'annata eccezionale (speriamo di non ripeterla)

La scuola è finita, un'annata eccezionale (speriamo di non ripeterla)

Governati dalla 'dad', la scuola a distanza, studenti e prof hanno fatto salti mortali, ma tanti giovani si sono persi per strada

09 giugno 2020, 09:17

di Alessandra Magliaro

ANSACheck

I bimbi della scuola Casanova di Napoli hanno festeggiato, l 'ultimo giorno di scuola giocando e facendosi foto ricordo davanti al loro istituto, 6 giugno 2020 ANSA / CIRO FUSCO - RIPRODUZIONE RISERVATA

I bimbi della scuola Casanova di Napoli hanno festeggiato, l 'ultimo giorno di scuola giocando e facendosi foto  ricordo davanti al loro istituto, 6 giugno 2020 ANSA / CIRO FUSCO - RIPRODUZIONE RISERVATA
I bimbi della scuola Casanova di Napoli hanno festeggiato, l 'ultimo giorno di scuola giocando e facendosi foto ricordo davanti al loro istituto, 6 giugno 2020 ANSA / CIRO FUSCO - RIPRODUZIONE RISERVATA

La scuola è finita. E che scuola! Un'annata eccezionale. Ne siamo convinti tutti: giovani studenti, genitori, professori. Abbiamo vissuto un periodo imprevedibile (speriamo di non ripeterlo però eh) che non dimenticheremo. "Cari studenti, siete stati attori di una storia che resterà conservata per sempre nelle vostre menti. La difficoltà di questo tempo inatteso e sospeso via ha insegnato cose che avranno immenso valore nella vostra vita futura: saper affrontare situazioni nuove e immaginare subito come progredire creando o utilizzando nuove opportunità. L'adattamento darwiniano di questo periodo rappresenta il fil rouge che vi permette oggi di vedere la luce della cultura fondersi nel gioire ancora insieme e che vi permetterà domani di fondere cultura e intelligenza per le sfide che la vita vi porrà. Vi auguro serene e sane vacanze" ha scritto un dirigente scolastico di un liceo romano salutando i ragazzi, e in quel 'sane vacanze' c'è tutto un sottinteso fatto innanzitutto di socialità dal vivo, di recupero dell'aria aperta. Gli studenti che il 5 marzo avevano appreso con gioia la chiusura delle scuole per l'emergenza coronavirus, immaginando di bighellonare, studiacchiare, incontrarsi tra loro, fare insomma più o meno la vita di prima senza andare in classe hanno dovuto fare i conti subito dopo con una segregazione forzata, alla quale c'è da dire, con grande maturità, si sono adeguati: collegamenti alle 8 di mattina, tanti compiti da fare, interrogazioni frequenti e attenzione costante, tutti i giorni, tutte le mattine. Lasciamo perdere che molti dopo aver risposto presente all'appello si sono rituffati sotto le coperte ma prima o poi hanno affrontato la lezione e pazienza se erano in mutande e ciabatte.
I professori non sono stati meno colpiti: a parte i docenti più giovani, quelli più in là con gli anni hanno fatto una conversione sul digitale a tempo di record quando magari non ne erano capaci o desiderosi. Hanno imparato zoom, teans e altre diavolerie di cui avrebbero fatto volentieri a meno. Hanno fatto lezione, vestiti come se fossero in classe, ad un'aula virtuale in cui la maggior parte ha preferito oscurare il video e quindi la frustrazione di parlare al nulla deve essere stata forte. Loro hanno insegnato come nulla fosse, chiamando all'appello gli alunni per capire il loro livello d'attenzione, chiedendo, scongiurando ai ragazzi 'fatevi vedere'. Spesso hanno dato troppi compiti agli studenti che pensavano di avere carichi meno pesanti data la contingenza ma molto spesso si sono rivolti con un'empatia che in tempi normali avevano forse represso. Molto spesso le lezioni finivano con saluti affettuosi, abbracci virtuali, una compartecipazione ad una situazione che tutti abbiamo percepito come incredibile.
Un insegnante ha fatto in questi giorni un post ironico diventato virale: sottolineava gli appelli nel vuoto, le disconnessioni da internet vere o forzate per non farsi interrogare, liti con i fratelli per i computer, le competenze per le videochat maturate in un giorno da prof sull'orlo della pensione, i ragazzi che si e no si lavavano il viso. I genitori poi, anche loro hanno avuto da fare con la scuola: la 'dad', il nome che non significa 'papà' dall'inglese ma didattica a distanza, ha significato spesso un gran supporto nei compiti oltre che emotivo, tutto questo mentre si lavorava da casa, si mandavano avanti le faccende, si tentava di fare ginnastica, si ordinava la spesa, ci si angosciava e molto per il futuro.  La scuola si è messa alla prova, ha aggiornato la didattica e ci ha messi alla prova un po' tutti.
Molte critiche ci sono state per la decisione italiana di non aprire le scuole più neppure nei giorni finali, come invece è accaduto in Francia e in altri paesi europei. Alcuni insegnanti hanno dato appuntamento nei parchi riaperti per ultimi saluti a distanza, foto di gruppo con mascherine. E la speranza che in settembre ci si riveda tutti, in presenza, con aule sanificati e protocolli di sicurezza, è qualcosa di concreto dopo che il 6 giugno mattina è stato firmato il decreto scuola e si attendono con ansia le linee guide per la ripresa. Non a caso l'ultima campanella, coincide con uno sciopero generale e una manifestazione a Roma: "Serve un piano, finanziato da un provvedimento legislativo organico, altrimenti a settembre non si riuscirà a ripartire", come ha sottolineato Pino Turi, segretario generale Uil Scuola.
Per tre mesi 10 milioni di cittadini italiani sono stati invisibili. La chiusura delle scuole era inevitabile, ma la rimozione dell'impatto della crisi su bambini e ragazzi no . Tanti bambini hanno accusato sindromi ansioso-depressive per il confinamento sociale e sono allo studio medico le conseguenze di quello che è stato vissuto. 
In questo quadro, di emergenza senza dubbio come tutti ben sappiamo, c'è chi è rimasto indietro nonostante 'non lasciare indietro nessuno' sia stato il mantra di questi giorni difficili: sono quegli studenti e tanti che abbiamo perso, ragazzi spariti dai radar dei professori, che hanno smesso dai primi giorni di marzo di collegarsi alle piattaforme per la scuola a distanza e a nulla sono valsi i richiami della scuola a quelle famiglie. E' un vero e proprio dramma: ragazzi inghiottiti nel nulla della dispersione scolastica, spesso figli del disagio e anche di genitori stranieri. Nessun dato ufficiale ancora ma si temono cifre tragiche.

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