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Il mondo da Cannes, padri inadeguati e social mania

Il mondo da Cannes, padri inadeguati e social mania

Incubo Delta, il glam nascosto e tanta musica per dimenticare

CANNES, 16 luglio 2021, 17:26

(dell'inviata Alessandra Magliaro)

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Una scena del film Les Olympiades di Jacques Audiard - RIPRODUZIONE RISERVATA

Una scena del film Les Olympiades di Jacques Audiard - RIPRODUZIONE RISERVATA
Una scena del film Les Olympiades di Jacques Audiard - RIPRODUZIONE RISERVATA

Il cinema fa sognare, emoziona, mette paura, ansia, fa palpitare, piangere, riflettere, ci fa vedere il meraviglioso. Quante volte abbiamo sentito queste definizioni, più o meno con enfasi da cerimonia, scegliendo ciascuno il tocco più affine. Un festival del cinema amplifica tutto questo, centinaia di opere a formare un unico grande affresco. Cannes (come Venezia) ogni anno ci fa affacciare sul mondo, riflette l'aria che tira, ed è diversa ogni volta se, lasciando da parte la riuscita di un film, il giudizio critico, proviamo a trovare piuttosto le assonanze di temi tra uno e l'altro, il mood collettivo. Una lente quella da Cannes per capire anche di più l'oggi. Vale per i film che mostra e anche per la cronaca di un'edizione audace, spericolata, fatta a tutti i costi dopo lo stop del 2020 per far riprendere il giro, il mercato, il business e riportare il cinema al centro dell'intrattenimento. Un'edizione fatta con la pandemia ancora in corso, con la variante Delta che mette paura, con la necessità dunque di tamponi ogni 48 ore, di controlli persino con i cani 'anti Covid'. Tutto questo mentre al cinema in Francia (si cambia dal 21 luglio) si entra senza problemi e dunque con la contraddizione che alle proiezioni degli accreditati nel Palais ci sono stati i controlli, mentre quelle per invitati alla Lumiere e Debussy no, con risultati sui contagi che si vedranno al ritorno mentre i casi positivi, stando alla versione ufficiale, sono talmente bassi da smentire qualunque cluster a Cannes dove gli assembramenti sono micidiali dalla platea ai ristoranti.
    Dunque Cannes con la contraddizione che ovunque stiamo vivendo tra voglia di uscire, socializzarsi, godersi l'estate, musica a tutto volume e fare festa (ce ne sono state tante, tutte private in jacht milionari o in ville esclusive) e mascherine, tamponi, paura del vicino chissà se avrà il Green Pass.
Quello che si intravede dai film d'autore è la società in cambiamento, un periodo di lacerante transizione tra epoche. La famiglia, che in tutte le latitudini è al centro, da molto tempo non è più l'istituzione di una volta, ma la rilevanza questa volta è il capovolgimento dei ruoli, di genitori adolescenti dentro, di padri inadeguati meno maturi dei loro figli, di padri che non reggono le aspettative dei figli su di loro, di figli che fanno da genitori, proprio l'opposto di quello che accadeva tempo fa. E di maschi decisamente in crisi di ruolo nella coppia con le donne molto spesso un passo avanti e a volte forti come rocce (come nel favorito alla Palma d'oro Lingui di Haroun, primo film dal Ciad). Succede in Flag Day con Sean Penn, nei Tre Piani di Nanni Moretti, in Red Rocket di Sean Baker, in France di Bruno Dumont, in Annette di Leos Carax, in Stillwater con Matt Damon per citare solo pochi titoli. I ragazzi, come ad esempio in Les Olympiades di Jacques Audiard, soffrono di grandi solitudini, di mancanza di prospettive e dietro l'ossessione per Instagram sono alla ricerca, come è dall'origine del mondo, di abbracci e di amore e non importa se i mezzi oggi sono le app di dating o la fluidità di genere: va' dove ti porta il cuore. La social mania impazza, la reputation è il nuovo valore assoluto e basta un passo falso per perdere follower e passare dagli altari alla gogna, quel tipo di successo lì, pure effimero è la nostra ambizione del decennio (ancora Audiard e Dumont, ma anche A Hero di Asghar Farhadi, altro film con rumors da Palmares), e se si trasforma in invasione di privacy fa parte del gioco.
Il fine vita, anche se tabù, è un tema d'attualità come è evidente dalle varie pellicole che lo hanno al centro. In una società che invecchia, con anziani attivi fino ad età impensabili come morire, come accettare di non essere più chi si era è davvero uno dei grandi quesiti, e il suicidio assistito (vedi Tout s'est bien passé di Ozon e De son vivant di Emmanuelle Bercot) è una risposta.
    Le tensioni sociali, come in La Fracture di Catherine Corsini, sono tra noi e la pandemia come è noto le ha pure aumentate. Quello stesso film, ma non è il solo, riflette un altro pezzo della società cambiata le coppie omosessuali, specie lesbo, non fanno rumore (ancora Corsini) e si baciano sulla Montee come Jodie (Foster) e Alexandra. Mentre il genere è un concetto messo in discussione, come in Titane di Julia Ducournau, vincitore della Palma d'oro n. 74.
   

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