Un video sgranato girato ad Amsterdam quasi 80 anni fa mostra Anna Frank affacciata alla finestra: la teenager autrice del celebre e commovente diario e' chiaramente riconoscibile mentre guarda in strada il passaggio di un matrimonio. "Lo so perche' l'ho girato io", spiega Eva Geiringer Schloss, coetanea e, a differenza di Anne, sopravvissuta ai lager nazisti, nel documentario Eva's Promise presentato al Museum of Jewish Heritage di Manhattan alla vigilia del 27 gennaio, la giornata scelta dalle Nazioni Unite per ricordare le vittime dell'Olocausto. Vite parallele prima delle stragi. Eva ad Amsterdam era dirimpettaia di Anne. Emigrate entrambe con la famiglia in Olanda per sfuggire alle persecuzioni naziste contro gli ebrei, le due ragazzine giocavano a volte assieme anche se frequentavano scuole diverse, Anne la Montessori, Eva la scuola pubblica.
Oggi 94enne, la Schloss vive a Londra. Eva's Promise racconta la sua storia sullo sfondo del destino incrociato che l'ha costretta a vivere per decenni nell'ombra dell'amica: in un tragico capriccio del destino, Anne e' la sua sorellastra postuma perche' la madre Eva, sopravvissuta con lei alle deportazioni, dopo la guerra sposo' Otto Frank. Fu quando Otto mostro' a Eva il diario della figlia che lei si ricordo' della promessa fatta in extremis al fratello maggiore Heinz nell'ultima conversazione sul treno merci che, nel maggio 1944, li trasportava verso i campi di concentramento. E' la promessa che da' il titolo al documentario, prodotto da Susan Kerner con la regia del premio Emmy Steve McCarthy: tornare nella soffitta dove Heinz si era nascosto col padre Erich e recuperare sotto le assi di un pavimento i quadri dipinti e le poesie scritte durante gli anni della forzata reclusione. Heinz, venne poi a sapere Eva dalla Croce Rossa dopo la guerra, mori' di fatica dopo una marcia forzata dalla Polonia a Mauthausen nell'aprile 1945, mentre per Erich la fine arrivo' tre giorni prima della fine della guerra.
Tornata a Amsterdam, Eva recupero' una ventina di quadri e 200 poesie, donati poi al museo della resistenza della citta' olandese. Lei e la madre tornarono a vivere nello stesso appartamento abbandonato nel 1942 per nascondersi nelle soffitte. "Lo ritrovammo intatto come quando l'avevamo lasciato, con dentro tutti i nostri ricordi di una vita ancora normale", racconta la Schloss che per 40 anni, fino a dopo la morte di Otto Frank nel 1980, si era rifiutata di parlare dell'Olocausto: fu soltanto riflettendo sull'impegno del patrigno per tener vita la memoria di Anne, che l'ex ragazzina di Amsterdam comincio' ad assumere su di se' la responsabilita' di far ricordare.
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