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Zucchero, 'vi svelo Adelmo e perché ama il blues'

Zucchero, 'vi svelo Adelmo e perché ama il blues'

"Ho sofferto di depressione negli anni di Miserere". Nel 2024 di nuovo in tour mondiale

ROMA, 22 ottobre 2023, 23:20

di Alessandra Magliaro

ANSACheck

- RIPRODUZIONE RISERVATA

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 Ha cantato con Pavarotti, Sting, Clapton, Paul Young, Brian May, Ray Charles, Miles Davis, Joe Cocker, Jeff Beck e decine di altre stelle, oltre a Andrea Bocelli, Francesco De Gregori... una lista infinita, impressionante, "ma resto umile" potrebbe essere il suo claim se Zucchero per primo non si stupisse della sua storia incredibile.
    "Ma come ho fatto?" risponde all'ANSA riflettendo ad alta voce sulla sua carriera musicale che è qualcosa di pazzesco come emerge dal documentario, presentato oggi alla Festa del cinema di Roma e poi in sala il 23-24-25 ottobre come evento, distribuito da Adler su 300 schermi. Il film di Valentina Zanella e Giangiacomo De Stefano, "cui ho detto sì a patto che non fosse un documentario celebrativo", segue il percorso umano prima che professionale di uno degli artisti italiani più famosi nel mondo. "C'è molto Adelmo più che Zucchero" commenta. Nel 2024 tornerà live, "perché questa è la mia dimensione" in tre date negli stadi italiani (27 giugno a Bologna, 30 giugno a Messina, 4 luglio a Milano) ma poi anche in tutto il mondo come sua abitudine, una 'Overdose d'amore' che invaderà "perché il programma è sempre aperto a nuove richieste". Il merito del film, che ha potuto pescare a mani basse negli archivi di Zucchero (con chicche divertenti come la prima esibizione a Castrocaro) è dare corpo alla sua poetica unica, filmando i posti della sua vita, ascoltando il suo racconto, le tantissime "fin troppo generose" testimonianze, gli spezzoni della sua carriera nel mondo. "Sono nato a Roncocesi sul Po nella Bassa Padana, un paese alla Peppone e Don Camillo, il nostro lo chiamavamo Don Tagliatella, un posto con la coop comunista davanti la chiesa dove andavo a suonare l'organo in cambio di fare il chierichetto la domenica. Quelle sono le mie radici, a lì torno e quando per la prima volta sono andato a New Orleans e in Louisiana ho avuto un'attrazione magnetica, quei paesaggi sembravano quelli della mia terra", dice raccontando perché la sua vita musicale è stata dedicata al blues. Poi via via svelando, Zucchero parla dello sradicamento subito - quando a 11 anni si trasferì con la famiglia a Forte dei Marmi e andava a scuola con un barattolo con la terra del suo paese da annusare quando saliva la nostalgia - della sua voglia di fare musica, delle sue prime sconfitte, della depressione dei primi anni '90 "che non mi fece godere delle bellissime cose che mi accadevano, della collaborazione con Pavarotti, del Miserere con Sting, dell'incontro con Paul Young" e poi la rinascita ricostruendosi privatamente, personalmente nel rifugio di Pontremoli, restando però "sempre una persona che sta bene quando è fuori casa, perché come diceva Marvin Gaye la casa è dove appendi il tuo cappello e io lo faccio negli hotel del tour, ogni sera diversi".
    Una dimensione "tribolata", racconta Zucchero citando una definizione del suo amico Francesco De Gregori. "La mia anima è malinconica, ho cercato di contrastarla ma emerge sempre, quando va bene si sopporta, quando va male diventa depressione" confessa l'artista. "La mia costanza, la mia tenacia mi hanno portato fin qua ma non ho voluto nulla, la mia era una esigenza di vita, a me bastava fare il musicista e mettere su una famiglia, fare un album neppure lo sognavo, invece le cose sono capitate, con il talento certo, con la fortuna anche, ma pure a prescindere dalla mia volontà. Nei periodi bui mi spaventava anche solo l'idea di stare meglio, eppure le cose sono andate avanti, sono il primo a stupirsi". Una chiave, suggerisce, è nell'autenticità. "Tutte le mie collaborazioni artistiche sono nate con persone che io sentivo vere, star che erano rimaste genuine e solo con loro sono riuscito a lavorare, poi sul palco c'è intrattenimento, ognuno fa l'attore ma quando scrivi, quando provi senti che solo con persone rimaste autentiche lo puoi fare, perlomeno per me.
    Luciano Pavarotti, per fare un esempio, è stato un gigante che però non ha mai rinunciato alla briscola con i vecchi amici parlando in dialetto, è sempre rimasto quello che era prima di diventare un grande".
    Questa sera la premiere del film all'Auditorium Parco della Musica, poi a festeggiare sulla terrazza dell'hotel Bernini, atteso tra gli altri anche Sting con Trudie Styler

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