Il gesto di Natalie Portman, che si e' presentata agli Oscar indossando una cappa (Dior) ricamata con i nomi di registe donne, non e' andato a genio a Rose McGowan: l'attrice americana, accusatrice di Harvey Weinstein e in prima linea nel movimento #MeToo, ha accusato la collega di essere "un'ipocrita" che non traduce nei fatti quel che predica sul tappeto rosso.
"E' proprio il tipo di protesta che attira recensioni estasiate sui media, mentre era solo un'attrice che recitava la parte di quella a cui queste cose importano", ha sparato a zero Rose su Facebook: "Trovo questo tipo di attivismo profondamente offensivo per quante tra noi fanno il vero lavoro".
Parole di fuoco: "Smetti di fingere di essere una campionessa di altro che non e' te stessa. Hai lavorato con due registe donne nella tua lunga carriera, e una eri tu". All'ira della McGowan, la Portman ha replicato in una intervista al Los Angeles Times, invitando il pubblico a non considerarla coraggiosa per i nomi ricamati sulla cappa: "Coraggio e' un nome che associo alle donne che nelle ultime settimane hanno testimoniato contro Weinstein nonostante incredibili pressioni".
E a Rose che l'ha accusata di aver fatto pochi film diretti da donne ha risposto osservando che "purtroppo i film non fatti che ho cercato di fare sono una storia di fantasmi. Ho cercato in passato di aiutare registe donne a entrare in progetti da cui poi sono state escluse. E anche quando riescono ad essere realizzati, i film di registe donne hanno difficolta' a arrivare ai festival e ad essere distribuiti a causa di ostacoli che si frappongono in ogni momento. Cosi' voglio dire che ho provato e continuero' a provarci, sperando che stiamo entrando in una nuova era", ha spiegato l'attrice. Sulla cappa della discordia la Portman aveva fatto ricamare nomi di registe snobbate agli Oscar come Lorene Scafaria di "Hustlers", Lulu Wang ("The Farewell"), Greta Gerwig ("Piccole Donne"), Mati Diop ("Atlantics"), Marielle Heller ("A Beautiful Day in the Neighborhood"), Melina Matsoukas ("Queen & Slim"), Alma Har'el ("Honey Boy") e Céline Sciamma ("Portrait of a Lady on Fire"). Non era la prima volta che l'attrice di "Lucy in the Sky" sollevava la polemica: lo aveva gia' fatto nel 2018, lamentandosi pubblicamente anche allora per l'esclusione di registe donne agli Awards di quell'anno.