''Per creare un'identità nazionale non basta l'unità d'Italia, questa deve passare anche per il riconoscimento della nuova immagine della donna e la moda può giocare un ruolo fondamentale. 'Fatta l'Italia devono farsi le italiane''. Ci prova Rosa Genoni, sartina che ad appena 17 anni si trasferisce per un triennio in Francia per scoprire i segreti del paese che dettava legge al mondo sull'eleganza, spesso esportando modelli poi realizzati dalle artigiane della penisola. Quella di Rosa Genoni è insieme una battaglia culturale e del costume, che parte anche da una motivazione politica e che una giovane designer, Livia Massaccesi, ha scelto di raccontare per motivi personali e ideali in questo piccolo e prezioso volume edito da Electa, ''Indossare la battaglia''.
Rosa Genoni impara il francese per capire bene le parole che si usano nel laboratorio delle maestre sarte in cui entra appena bambina a Milano, la prima volta andrà a Parigi come interprete ''per accompagnare gli esponenti del movimento al Congresso internazionale sulle condizioni dei lavoratori di Parigi''. E' il 1884 e la ragazza è senza dubbio una visionaria, al punto che rimase unita all'amore della sua vita, Alfredo Podreider fino al 1924, anno della morte della madre di lui che sempre si era opposta al matrimonio con una donna così ribelle, nonostante la nascita di una figlia. Una storia da cui la giovane designer Livia Massaccesi rimane ''folgorata'' dal primo momento, per il suo non accettare ruoli e compromessi, per il suo essere radicalmente libera. Lei che si definisce ''artefice'', nel senso di avere la possibilità, ogni donna, di decidere e disegnare il proprio destino, che passa anche attraverso gli abiti che si sceglie di indossare.
Il recupero della tradizione classica e l'ispirazione della storia dell'arte italiana, soprattutto rinascimentale, sono le su linee guida in una lunga carriera in cui scala tutte le posizioni dirigenziali possibili per una donna all'epoca, e senza mai abbandonare l'insegnamento e la scrittura quasi come missione nel suo dare senso politico al lavoro. Nel 1908 è delegata dell'Umanitaria al primo Congresso nazionale delle donne italiane dal tela ''La partecipazione delle donne alla vita sociale''. Ed è in quella storica occasione che fa il suo ingresso indossando il Tanagra: ''Rosa sceglie questo modello per proporre una nuova identità femminile che esprima un'armonia tra l'aspetto estetico e il ruolo sociale che vuole assumere. Il Tanagra è il primo esempio di abito dinamico, trasformabile, che riesce a liberare, almeno parzialmente, il corpo delle donne, permette la nascita di una silhouette fluida alleggerendo quella linea forzata che è oramai anche concettualmente scomoda da indossare''. La sua vita, passando attraverso la guerra e il Fascismo, termina nel 1954. ''La sua tenacia, la capacità di relazionarsi con altre donne, di spingerle a fare, a emanciparsi, il suo andare nel mondo nonostante le difficoltà del suo tempo, riuscendo sempre a distinguersi, dovrebbero essere gli obiettivi di tutte le donne di oggi e sempre''.
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