E' "un saggio di altissima sartoria", nelle parole dei suoi creatori, la collezione uomo di Dolce e Gabbana per il prossimo inverno. Il titolo è 'sleek', "ma avremmo voluto chiamarla sartorialità aristocratica" raccontano Domenico Dolce e Stefano Gabbana, sottolineando che "è importante raccontare la vera eleganza del fatto a mano, del sartoriale, sono fatti e non parole". Perché di parole vuote i due creativi sono stanchi: "il quiet luxury - sottolineano poco prima dello show - è un escamotage, il lusso non è quiet o urlato, o lo sai fare o non lo sai fare". E loro nel sartoriale sono maestri, come dimostra per l'ennesima volta la passerella, con in prima fila un ospite come il patron di Amazon Jeff Bezos, accompagnato dalla compagna Lauren Sanchez, il cui figlio è stato tra i protagonisti dello show.
Quasi tutta in nero, la collezione è una summa di un'eleganza contemporanea e fuori dal tempo: tight, spencer, smoking, bluse di raso e seta con il fiocco, cappotti doppiopetto o ad astuccio, trench, pellicce di montone alla Helmut Berger, scarpe sottili anni'50 con fiore applicato o stivali da caccia. "E' un'eleganza non da Red Carpet, ma più vicina - spiegano i creativi - a quando vai dal sarto per chiedere qualcosa di unico. Oggi tutto è sartoria, ma c'è il vino buono e quello da poco, per noi è importante distinguere la qualità". Lo sanno anche le nuove generazioni: "I giovani si avvicinano a questo stile, abbiamo lavorato per Sanremo e vogliono tutti abiti eleganti, nessuno - raccontano - vuole lo sportivo. L'abito è qualcosa di speciale e unico, per farlo ci vogliono criteri, tanti anni di lavoro". Questa collezione, per esempio, è solo apparentemente semplice: "é come un foglio bianco con un pennarello nero, non puoi permetterti di sbagliare, ma a noi piace l'idea di qualcosa di unico e speciale. E' anche un messaggio, una volontà: sta cambiando qualcosa, ieri non è oggi, la moda ha bisogno di radici di qualità e non di gadget e trovate passeggere. Oggi tutto è per tutti, noi vogliamo dar voce a chi sa fare un mestiere. In un momento in cui si sono persi i valori, c'è bisogno di qualità: se vogliamo che la nuova generazione sia migliore di noi le dobbiamo dare un bel film, un bel vestito". E a suggerirli non basta più un influencer perché "quando a trionfare è la qualità, gli influencer in automatico vanno a cadere". "Siamo stati gli unici - ricordano Stefano e Domenico senza mai citare il caso Ferragni - a non lavorare con gli influencer, li abbiamo fatti sfilare ma non abbiamo mai pagato nessuno. Si commentano da soli e da tanto, non è una novità ora che è uscita questa 'bomba'". "Da un anno e mezzo abbiamo cambiato registro, siamo tornati a lavorare con maestri come Meisel e Klein e alcune modelle, a noi - dicono - piace la moda, e chi più di loro può esprimere questo concetto? Il fotografo, come il giornalista, fa un mestiere per cui ha studiato, ha una cultura, si può avere un dialogo alla pari. Un influencer di 20 anni non ha colpa, ma non ha quella cultura e con tutto il rispetto il suo è un lavoro diverso, oggi bisogna tornare alla qualità, che è anche amore, perché la carezza di un padre non ha il valore di un like". "In questi anni ci siamo tutti ubriacati con la comunicazione globale, oggi tutti parliamo di tutto, dalla medicina alla moda - sottolineano i due creativi - dalla scienza alla cultura, ma per farlo bisogna aver studiato, altrimenti cosa esisterebbero a fare le università? Dobbiamo dar voce in tutti i settori a chi ha competenze, è arrivato il momento in cui siamo tutti stanchi, dobbiamo trovare una soluzione per migliorare. Dicono che la bellezza salverà il mondo e noi - concludono - ci crediamo".
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