"Non una retrospettiva ma un'istantanea": Giorgio Armani definisce così la mostra Aldo Fallai per Giorgio Armani, 1977-2021, che ha inaugurato negli spazi di Armani/Silos in programma fino all'11 agosto.
Curata dallo stesso Giorgio Armani, insieme a Rosanna Armani e Leo Dell'Orco, l'esposizione ripercorre un sodalizio iniziato a metà degli anni Settanta, ancor prima dell'avventura come solista dello stilista, per poi proseguire fino agli inizi degli anni Duemila e riprendere in anni recenti. Al momento del primo incontro, Armani era un giovane stilista freelance; Fallai, diplomato all'Istituto d'arte, un grafico appassionato di fotografia. L'intesa fu immediata: se Armani fu il primo a rendersi conto dei mutamenti sociali in atto, Fallai lo accompagnò nella definizione di un nuovo immaginario nel quale evocazioni cinematografiche e cenni neorealisti si mescolavano a echi della pittura tardorinascimentale e manierista, in una messa in scena sempre impregnata di vita e per questo profondamente autentica.
L'uso del bianco e nero fu la scelta vincente per immagini immediate e senza tempo, tanto che nella mostra, non hanno didascalie a indicarne l'anno. Una scelta in perfetta coerenza con lo stile Armani, tanto che le foto - pur nate per accompagnare delle collezioni - sono in primo luogo ritratti o fotogrammi di un lungometraggio, come la splendida immagine di Antonia Dell'Atte di spalle, scelta come locandina. Un sodalizio, anche questo, mai interrotto negli anni, tanto che è stata la stessa Antonia Dell'Atte, arrivata all'inaugurazione ad aprire la mostra, spiegando al personale del Silos che era proprio lei la donna sul manifesto della mostra.
Il percorso narrativo dell'esposizione si snoda su due piani e raccoglie, in rigoroso ordine sparso - concetto che solo da Armani può convivere in armonia - circa duecentocinquanta scatti, dalla foto con il tigrotto, realizzata a Palermo, quando la troupe si rifugiò in un giorno di pioggia al circo Togni, alle statue del Foro Italico, tradotte in un gioco di ombre nette e grafiche.
"Lavorare con Aldo - ha raccontato un Giorgio Armani in splendida forma - mi ha permesso, fin da subito, di trasformare in immagini reali la fantasia che avevo in mente: che i miei abiti non erano soltanto fatti in una certa maniera, con certi colori e materiali, ma rappresentavano un modo di essere, di vivere. Perché lo stile, per me, è un'espressione totale. Insieme, in un dialogo sempre fluido e concreto, abbiamo creato scene di vita, evocato atmosfere, tratteggiato ritratti pieni di carattere. E rivedendo oggi tutto il lavoro realizzato, sono io stesso colpito dalla forte suggestione che questi scatti sanno ancora emanare, e dalla grande capacità di Aldo di cogliere le sfumature della personalità".
"Dei trent'anni della nostra collaborazione - ha aggiunto Fallai - ho ricordi vividi. Le produzioni erano sempre agili, snelle: si otteneva il risultato con pochi mezzi e senza effetti speciali. Questo, penso, ha fatto breccia nel pubblico". Nel cuore di Armani, invece, anche oggi, c'è un pensiero ricorrente: "Mi auguro con molta ansia - ha confidato all'ANSA - che si risolva quello che sta succedendo in Medio Oriente".
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