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Moda fai-da-te e upcycling, così sarto subito!

Moda fai-da-te e upcycling, così sarto subito!

Rinnovare l'armadio e diventare stilisti di se stessi

07 ottobre 2018, 10:43

Patrizia Vacalebri

ANSACheck

bottoni diversi, un 'idea per rinnovare una giacca foto iStock. - RIPRODUZIONE RISERVATA

bottoni diversi, un 'idea per rinnovare una giacca foto iStock. - RIPRODUZIONE RISERVATA
bottoni diversi, un 'idea per rinnovare una giacca foto iStock. - RIPRODUZIONE RISERVATA

  (di Patrizia Vacalebri) - I nostri armadi scoppiano ma una soluzione per far riemergere dal dimenticatoio i nostri abiti facendoli rivivere è quella di reinventarli. Anche senza "avere la stoffa", ma studiando tutte le tecniche di taglio e cucito, dai punti base alle piccole riparazioni, fino alle istruzioni per realizzare in autonomia abiti e accessori fai-da-te o per dare nuova vita ai vestiti vecchi con progetti di upcycling, spiega nel nuovo manuale Alberto Saccavini, esperto di sostenibilità della moda, in "Sarto subito!" (Altreconomia).

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Saccavini non solo invita a riappropriarci del "saper fare" e a rinnovare l'armadio risparmiando, ma spiega anche perché è tempo di "dare un taglio agli acquisti compulsivi e ai capi della fast fashion, un sistema insostenibile per l'ambiente e per i lavoratori". La rivoluzione corre dunque sul filo. Il manuale per diventare "stilisti di se stessi" insegna ad appropriarsi di tutte le principali tecniche sartoriali, con oltre 50 progetti di facile realizzazione. Ma "Sarto subito!" va oltre il manuale e invita ad aprire il nostro armadio, a scoprire che i nostri abiti sono troppi, poco usati o che vengono da Paesi lontani, e dare così un taglio netto agli acquisti compulsivi e alla fast fashion, sistema in gran parte insostenibile per l'ambiente e per i lavoratori riappropriandoci del saper fare, imparando a riparare, riciclare, scambiare e rinnovare il nostro guardaroba in modo creativo, con un cospicuo risparmio di denaro, stoffa e risorse. Cosa fare? Possiamo comprare meno e solo quando serve, spendendo meglio e premiando chi produce in maniera rispettosa delle persone e dell'ambiente, che siano piccoli artigiani locali o colossi dello sportwear con una filiera virtuosa. Possiamo scegliere capi con fibre sostenibili, che si tratti di cotone biologico certificato o l'ultimo ritrovato della chimica green. Possiamo comprare abiti usati, magari con l'idea di trasformarli con le nostre mani.

Ma il focus del libro è l'idea di emanciparci dal sistema moda: la moda la possiamo fare da soli. Ciò che ci serve - spiega l'autore - sono una buona materia prima, una certa competenza e il fattore più importante, l'ispirazione. Con questi strumenti possiamo immaginare una nuova vita per i nostri abiti, da scambiare con le amiche, da riparare o reinventare. O possiamo creare un capo d'abbigliamento ex novo, con l'unico limite della nostra fantasia. Il manuale affronta quindi le basi del cucito, illustrando i principali punti a mano e un elenco di attrezzi che non possono mancare nella cassetta del sarto. Spiega poi dove reperire i materiali (stoffa o filato nuovi o usati) dagli store online fino ai mercatini e ai negozi di scampoli; dove imparare e riconquistare la nostra manualità, dalla nonna alle associazioni di quartiere per non parlare delle scuole di moda ufficiali; dove cercare l'ispirazione: riviste, architetture della nostra città, tutorial sul web, nelle suggestioni di un viaggio.

Tra i 50 progetti illustrati, il DIY, come le semplici gonne e i pantaloni Thay di Nadia Gozzini, sarta e costumista. Oppure l'upcycling, in cui da una vecchia maglietta o da un jeans scaturiscono nuove forme, e da un maglione liso si palesano guanti e cappello. Con una particolare attenzione a come trasformare il guardaroba maschile, dalla camicia alla cravatta. Il manuale è arricchito da due interviste a Sara Conforti e Nicoletta Fasani, sul refashion che permette di estrarre da un vecchio maglione una borsa, un basco e di trasformare gli abiti. Nell'introduzione, l'intervista a Deborah Lucchetti, coordinatrice della campagna "Abiti puliti", una rete che da anni si batte per i diritti dei lavoratori nell'industria della moda globale. Perché la fatidica domanda "che cosa mi metto?" non riguarda solo l'estetica, ma anche e soprattutto l'etica e l'economia.

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