"L'aspetto inquietante delle
soluzioni proposte ultimamente per affrontare le immani carenze
di personale medico nel Servizio sanitario nazionale è che, dopo
l'aumento enorme dei contratti di specializzazione negli anni
dei Governi Conte 2 e Draghi (finalmente!), esse convergono
unicamente sull'aumento del numero di laureandi in Medicina e
sul superamento del numero programmato nell'accesso alle Facoltà
mediche, il tutto senza alcuna razionalità e cognizione di causa
e, soprattutto, senza partire dai dati oggettivi della
situazione esistente". A dirlo è Walter Ricciardi, medico e
docente universitario, che ha ricoperto ruoli pubblici
importanti in questi anni nella sanità, in audizione in
Commissione Cultura al Senato sulla questione del numero chiuso
a Medicina.
"L'Italia - ha ricordato - ha attualmente circa 370.000 medici
(escludendo gli odontoiatri) cioè 6,111 ogni 1.000 abitanti, il
più elevato rapporto al mondo (secondi e terzi in classifica
sono l'Austria e la Germania) mentre ne abbiamo
proporzionalmente il doppio rispetto a Francia e Regno Unito.
E' facile capire che aumentare il numero dei laureandi in
medicina non è la soluzione, almeno di non voler diventare il
"medicificio" del mondo, con una pletora di professionisti che
lotteranno per pochi posti mal remunerati in Italia o saranno
costretti ad emigrare all'estero, dopo essere stati formati nel
nostro Paese a spese del contribuente e delle famiglie. Il danno
oltre la beffa.
Tutto questo - ha proseguito Ricciardi - senza parlare della
qualità della formazione di professionisti che dovranno prendere
decisioni che spesso possono significare la vita o la morte per
i propri pazienti e che non possono essere formati on line o in
megaclassi, magari in qualche cinema, data la indisponibilità di
aule nelle attuali università italiane sottostaffate e
sottofinanziate.
L'auspicio è che il problema del SSN sia risolto
incrementando i finanziamenti, attualmente siamo tra gli ultimi
nei Paesi industrializzati, e facendo una politica di
assunzione, remunerazione e promozione dei medici italiani che
sono gli unici al mondo ad avere perso potere d'acquisto negli
ultimi 20 anni, invece che aumentarlo.
In particolare, va affrontata la indisponibilità dei giovani
medici italiani verso specializzazioni che vengono viste come
eccessivamente pesanti, assorbenti e insoddisfacenti dal punto
di vista remunerativo, come la Medicina d'urgenza o la Chirurgia
e la totale indifferenza verso tutte le
specialità mediche dei servizi (Microbiologia clinica, Patologia
clinica, Anatomia Patologica). In assenza di questi specialisti
sarà presto difficilissimo curare gli Italiani.
Viceversa, appare indispensabile affrontare la formazione medica
come avviene in tutti i più evoluti Paesi del mondo, con un
accesso a numero programmato, basato su dati calcolati in modo
tempestivo e trasparente in funzione delle necessità
assistenziali della popolazione italiana, con procedure di
selezione rigorose ed evidence based".
Riproduzione riservata © Copyright ANSA