''L'affermazione della legalità
non può considerarsi realizzata solo con i sigilli e con il
provvedimento di confisca se poi segue una lunga fase di
abbandono. C'è il rischio di dare evidenza a casi se non di
sconfitta quanto meno di una difficoltà dello Stato''. Lo ha
detto Giancarlo Caselli, presidente del Comitato scientifico
Fondazione 'Osservatorio Agromafie', ed ex procuratore di
Palermo, intervenuto al Primo Forum espositivo dei beni
confiscati che si è chiuso oggi a Napoli.
Secondo Caselli affinché ciò non accada è necessario
''potenziare l'Agenzia, dotandola di professionalità specifiche
che ne rafforzino la capacità operativa, ridurre i tempi che
sono appesantiti dal cattivo funzionamento del sistema giustizia
almeno nella parte iniziale e l'eventuale vendita dei beni
rispetto alla quale io ho sempre detto di no". "La vendita - ha
aggiunto - è sempre stato un tabù perché poteva sembrare una
resa, invece sto cambiando idea perché ci sono beni che stanno
lì a marcire e invece potrebbero essere venduti con un guadagno
complessivo del sistema. Ma bisogna fare qualcosa perché i
mafiosi non ne rientrino in possesso altrimenti sarebbe davvero
una sconfitta imperdonabile''.
Secondo l'ex magistrato è necessario ''escogitare efficaci
disincentivi, forme di deterrenza rispetto alla tentazione,
all'aspirazione dei mafiosi di poter rientrare in possesso dei
beni. Penso ad esempio a bandi di vendita con esplicita
previsione di destinazione del bene a qualcosa che sia
intollerabile per i mafiosi''.
Da Caselli sono state avanzate delle possibilità quali, ad
esempio, destinare il ricavato della vendita dei beni confiscati
a nuove strutture per il 41 bis, a organizzazioni che aiutano le
famiglie che vogliono rompere il vincolo con la famiglia
d'origine mafiosa, al fondo per la protezione dei pentiti, al
fondo per i familiari delle vittime innocenti. ''Sarebbero tutte
destinazioni che danno fastidio alla mafia'', ha concluso.
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