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Il 2 febbraio è la Giornata delle zone umide

Ricorda il valore della biodiversità e la necessità di tutelarle

Redazione ANSA ROMA

Il 2 febbraio si celebra la Giornata mondiale delle Zone Umide (World Wetlands Day, WWD), data che ricorda l'adozione della Convenzione omonima per la loro tutela, firmata il 2 febbraio 1971 nella città iraniana di Ramsar. E quest'anno il WWD ha uno speciale significato, in quanto lo scorso anno è stato riconosciuto ufficialmente anche dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite.

Lo slogan di questa edizione è "Value, Manage, Restore, Love Wetlands": riconoscerne il valore, proteggerle e gestirle adeguatamente, ripristinarle laddove le abbiamo distrutte, e imparare ad amarle per la loro bellezza e la loro importanza, a partire dalla loro incredibile biodiversità.

Ma le wetlands sono fondamentali anche per la nostra sopravvivenza grazie al loro ruolo di serbatoi di carbonio e contrasto al cambiamento climatico, azione di depurazione delle acque, protezione da inondazioni, fornitura di fibre e materiali, oltre ad ospitare migliaia di specie ad esse legate. In generale l’Italia custodisce uno dei patrimoni più ricchi di biodiversità d’Europa, con circa il 37% del totale della fauna euromediterranea e una flora costituita da oltre 6.700 specie di piante vascolari. Ricchezza messa a rischio da fenomeni come l'inquinamento diffuso, l’urbanizzazione, l'agricoltura intensiva, l'eccessivo sfruttamento delle risorse, i crescenti impatti delle specie aliene invasive e i cambiamenti climatici che, secondo l’ONU, hanno già avuto un impatto globale negativo sul 47% dei mammiferi terrestri e il 23% degli uccelli.

Dalle Alpi al Mediterraneo sarà possibile scoprirle dal 2 al 6 febbraio in molte Oasi WWF, attraverso passeggiate, visite guidate, workshop fotografici ed altri eventi per far scoprire a tutti la bellezza e l'importanza di questi ambienti unici. 

La tutela e la valorizzazione delle zone umide rappresenta un impegno costante per Legambiente che ha presentato il Report sugli Ecosistemi Acquatici con una mappa di 15 best practices, citando una serie di progetti di successo nella gestione degli ambienti umidi e degli ecosistemi acquatici in tutta la Penisola: dalla tutela della trota mediterranea, al centro visite sulla lontra nel Parco nazionale del Gran Paradiso, al monitoraggio del fenicottero rosa del Parco nazionale del Gran Sasso, fino al censimento in Sicilia delle zone umide delle isole del Mediterraneo, solo per citarne alcuni.

Buone pratiche che ci ricordano, prosegue Legambiente, l’importanza delle aree acquitrinose, paludi, torbiere oppure zone naturali o artificiali d’acqua, permanenti o transitorie, comprese zone di acqua marina (con meno di 6 metri di profondità). Ecosistemi con altissimo grado di biodiversità, spiega la ong, che accolgono e conservano una ricca diversità biologica di piante, uccelli, mammiferi, rettili, anfibi, pesci e invertebrati e significativi per il raggiungimento degli obiettivi europei e mondiali al 2030 nella stabilizzazione delle emissioni di gas serra e nella mitigazione degli impatti dei cambiamenti climatici. 

Secondo l’IPBES (Intergovernmental Platform on Biodiversity and Ecosystem Services) in Europa la perdita di biodiversità continua a un ritmo allarmante: il 39% delle valutazioni delle specie di uccelli selvatici e il 63% delle valutazioni delle altre specie protette sono in uno stato scadente o negativo, mentre solo il 15% delle valutazioni degli habitat protetti mostrano un buono stato di conservazione, ricorda Legambiente precisando che secondo i dati della prima Lista Rossa Europea degli Habitat, su 490 habitat (terrestri e marini) catalogati in 35 paesi europei, oltre un terzo degli habitat terrestri sono attualmente in pericolo di scomparsa.

Il ritmo con cui stiamo perdendo torbiere, stagni, foci, lagune e saline - ricorda il Parco Natura Viva di Bussolengo - è tre volte maggiore rispetto a quello che scandisce la scomparsa delle foreste. A dichiararlo è l’Onu nel report “Unprecedented”, che fotografa una velocità nel declino della biodiversità mai raggiunta prima. E la Giornata Internazionale delle Zone Umide è l’occasione per ricordare che dal 1700 al 2000 il Pianeta ha perso più dell’’85% di questi ecosistemi, avverte il Parco.

Oggi il Belpaese ne conta 57, più 9 in approvazione, per un’estensione pari a 73.982 ettari. Tra le minacce, la conversione in terreni agricoli, l’inquinamento industriale e l’immissione di specie aliene. “L’Italia è il paese che ha registrato le perdite maggiori”, spiega Cesare Avesani Zaborra, biologo e direttore generale del Parco Natura Viva di Bussolengo. “In questo lasso di tempo ha perso il 66% delle sue zone umide, soprattutto litoranee. Ambienti acquatici spesso poco considerati ma ricchi di vegetazione, fondamentali per la sosta e la riproduzione di moltissime specie di uccelli. Come la garzetta, la gallinella d’acqua, la folaga, il germano reale e l’alzavola. Non solo si tratta di bacini che custodiscono nutrienti come potassio e azoto, ma anche di elementi fondamentali per la mitigazione del dissesto idrogeologico”. 

E’ la fotografia di una formica, che si disseta da una goccia d’acqua (titolo: Darla a bere), l’immagine scelta da Anbi, Coldiretti e Fondazione Univerde a suggello della Giornata Mondiale delle Aree Umide; la premiazione del 3/o Concorso Fotografico Nazionale “Obiettivo Acqua” si è tenuta a Roma. “I Consorzi di bonifica – dichiara Francesco Vincenzi, presidente dell’Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue - curano centinaia di aree umide ed oasi naturalistiche lungo tutta la Penisola. Il Concorso Fotografico Obiettivo Acqua ha lo scopo di contribuire a ricucire il rapporto fra uomo e risorse idriche, valorizzandone la gestione. E’ un tassello del nostro impegno per un diverso modello di sviluppo, che abbia al centro il territorio nelle sue varie espressioni”.

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