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Responsabilità Editoriale Gruppo Italia Energia

Corte Ue: “Il diritto dell’Unione fa premio sulla Carta dell’Energia”

Il Trattato del 1994 “non è applicabile alle controversie tra investitori europei e Stati membri” (articolo di Quotidiano Energia)

Quotidiano Energia - Nuovo affondo delle istituzioni europee contro la Carta dell’Energia. A meno di due mesi dall’indagine approfondita avviata dalla Commissione alla Concorrenza sulla compensazione riconosciuta ad Antin dall’Icsid per il taglio degli incentivi alle rinnovabili introdotto dalla Spagna, arriva adesso una sentenza della Corte Ue che ribadisce a chiare lettere la superiorità delle norme comunitarie rispetto al Trattato del 1994 nel caso di contenziosi tra Paesi membri dell’Unione.


Con una sentenza del 2 settembre, i giudici hanno infatti stabilito che la Carta dell’Energia “non è applicabile alle controversie tra uno Stato membro e un investitore di un altro Stato membro in merito a un investimento effettuato da quest’ultimo nel primo Stato membro”.

Rifacendosi alla “sentenza Achmea” degli stessi giudici lussemburghesi, la Corte spiega che se le disposizioni della Carta potessero applicarsi alle controversie tra gli investitori dei 27 “ciò implicherebbe che l’Unione e gli Stati membri parti dell’accordo avrebbero istituito un meccanismo di risoluzione di una siffatta controversia tale da escludere che quest’ultima, anche laddove riguardasse l’interpretazione o l’applicazione del diritto dell’Unione, fosse risolta in modo da garantire la piena efficacia di tale diritto”. Un simile meccanismo rimetterebbe “in discussione la salvaguardia dell’autonomia e del carattere peculiare del diritto istituito dai Trattati, garantita in particolare dalla procedura del rinvio pregiudiziale di cui all’articolo 267 Tfue”.

Dunque, si legge nella sentenza, “la preservazione dell’autonomia e del carattere peculiare del diritto dell’Unione osta a che il Trattato sulla Carta dell’Energia possa imporre gli stessi obblighi agli Stati membri tra loro”.

La stessa interpretazione, del resto, era stata data in merito al ricorso di Anie e di una quindicina di operatori contro lo “spalma-incentivi” per il fotovoltaico dalle conclusioni dell’avvocato generale Ue Henrik Saugmandsgaard Øe, poi confermate dalla Corte.

La sentenza si riferisce in realtà a una disputa concernente il mancato pagamento di forniture elettriche ucraine alla Moldavia, che non coinvolge quindi Paesi membri della Ue. I giudici spiegano però che “quando una disposizione di un accordo internazionale trova applicazione sia per situazioni che rientrano nel diritto dell’Unione sia per situazioni che non vi rientrano, esiste un interesse certo dell’Unione a che, per evitare future divergenze di interpretazione, tale disposizione riceva un’interpretazione uniforme, a prescindere dalle condizioni in cui essa verrà applicata”.

Tanto più che le parti della disputa (il distributore ucraino Energoalians e la Repubblica della Moldavia) hanno deciso di rivolgersi a un tribunale arbitrale francese. E di conseguenza, sottolinea la Corte, “detto giudice potrebbe essere chiamato, nell’ambito di una causa direttamente disciplinata dal diritto dell’Unione, quale una controversia tra un operatore di uno Stato terzo e uno Stato membro, a pronunciarsi sull’interpretazione di queste stesse disposizioni del Trattato sulla Carta dell’Energia”.

Non solo, perché “la fissazione della sede dell’arbitrato nel territorio di uno Stato membro, nel caso di specie la Francia, comporta l’applicazione, ai fini del procedimento avviato nel territorio di tale Stato membro, del diritto dell’Unione”.

Da notare che durante il procedimento hanno presentato osservazioni il Consiglio Ue, la Commissione europea e i Governi di nove Stati membri: Italia, Germania, Spagna, Francia, Olanda, Svezia, Finlandia, Polonia e Ungheria.

L’Unione europea sta negoziando una radicale riforma della Carta, con l’obiettivo di eliminare le protezioni agli investimenti internazionali nei combustibili fossili. Qualora non dovesse riuscire nell’intento, la Ue è pronta ad imitare l’Italia, che ha abbandonato la Carta dell’Energia nel 2016. Ciò nonostante, tenuto conto che il nostro Paese dovrà rispettare le norme della Carta fino al gennaio 2036, sono in corso o arrivati a conclusione negli anni scorsi una decina di arbitrati.