Quotidiano Energia - Numerosi Paesi europei sono in grave ritardo nella definizione delle politiche per l’energia e il clima. Dai documenti nazionali pubblicati dalla Commissione Ue emerge infatti che – ad oltre 5 settimane dalla scadenza prevista - soltanto 18 Stati membri hanno presentato i Piani energia-clima al 2030 definitivi e appena 10 le Strategie di lungo-termine.
L’elenco dei Pniec, aggiornato al 7 febbraio, comprende Austria, Belgio, Croazia, Cipro, Cechia, Danimarca, Estonia, Finlandia, Grecia, Ungheria, Italia, Lettonia, Lituania, Malta, Olanda, Polonia, Portogallo, Slovacchia e Svezia. All’elenco anticipato da QE il 24 gennaio, si è quindi aggiunto soltanto il Piano della Lettonia.
Mancano all’appello i Pniec di Bulgaria, Francia, Germania, Irlanda, Lussemburgo, Romania, Slovenia, Spagna e Regno Unito. Questi Paesi, è stato annunciato la settimana scorsa in occasione del Technical working group sui Pniec svoltosi a Bruxelles (QE 21/1), riceveranno presto una lettera di richiamo dal vice-presidente della Commissione Ue con delega al Green deal, Frans Timmermans.
Nel frattempo, come reso noto a fine gennaio dalla commissaria Ue all’Energia Kadri Simson (QE 24/1), gli uffici dell’esecutivo comunitario hanno già iniziato l’analisi dei Pniec arrivati a Bruxelles, “con l’obiettivo di presentare un’esaustiva valutazione entro metà anno”. L'analisi, ha precisato Simson, “sarà parte del processo di incremento degli obiettivi climatici Ue, che vedrà un taglio delle emissioni di almeno il 50% e verso il 55% in modo responsabile entro il 2030”.
Da notare che, rispetto alla versione pubblicata dal Mise il mese scorso (QE 21/1), il Pniec dell’Italia diffuso dalla Ue (disponibile in allegato) contiene una sezione aggiuntiva con l’elenco dei parametri e delle variabili, i bilanci energetici e gli indicatori relativi alle emissioni e agli assorbimenti di gas-serra.
Venendo infine alle Strategie di lungo-termine, la Commissione ne ha ricevute soltanto 10: quelle di Austria, Cechia, Danimarca, Germania, Estonia, Grecia, Lituania, Olanda, Portogallo e Svezia, più la bozza dell’Ungheria. Gli altri 18 Paesi Ue (Italia inclusa) sono dunque in ritardo.