Il rientro degli Stati Uniti nell'Accordo di Parigi sul clima del 2015, fra i primi atti firmati dal nuovo presidente Joe Biden che cancella così il negazionismo di Donald Trump, è accolto con ottimismo e speranza da tutti i Paesi impegnati nella lotta al riscaldamento globale. La Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (Cop26) del prossimo novembre a Glasgow, rinviata di un anno a causa della pandemia, sarà l'occasione in cui gli Usa potranno mostrarsi di nuovo protagonisti, partecipando a tutte le riunioni.
Un altro segnale importante è la volontà del neopresidente di convocare un summit sul clima con i leader delle maggiori economie durante i suoi primi 100 giorni. Quella della Cop26 "è una delle ultime opportunità che abbiamo per rafforzare" il taglio delle emissioni di gas serra e centrare gli obiettivi dell'accordo di Parigi (di contenere l'aumento medio medio della temperatura a 1,5 gradi centigradi entro fine secolo rispetto al periodo pre-industriale), ha affermato John Kerry, l'ex segretario di stato nominato da Joe Biden inviato presidenziale per il clima.
Un fallimento "non è un'opzione", ha aggiunto - nel corso di un incontro B20 organizzato da Confindustria - parlando degli ultimi quattro anni "sprecati" da parte degli Stati Uniti. Che, per dimostrare di fare davvero sul serio, dovranno aumentare se non proprio raddoppiare gli impegni sottoscritti da Obama nel 2015 sia per quanto riguarda il taglio di emissioni di anidride carbonica sia negli aiuti economici ai Paesi "in via sviluppo", che non hanno responsabilità nel global warming e nel cambiamento climatico ma ne sono vittime subendo le conseguenze degli eventi meteo estremi. "La green economy genererà posti di lavoro. Dobbiamo muoverci insieme per creare una rivoluzione energetica", ha detto ancora Kerry che ha anche chiamato il ministro Sergio Costa.
La Cop26, hanno osservato l'Alto rappresentante Ue Josep Borrell e il vicepresidente della Commissione europea Frans Timmermans, "sarà un momento cruciale per aumentare l'ambizione globale, e useremo i prossimi incontri del G7 e del G20 per procedere in questo cammino" convinti che "se tutti i Paesi si uniranno nella sfida globale a zero emissioni, l'intero pianeta vincerà". Il ministro dell'Ambiente Sergio Costa ha rilevato che "poter avere nuovamente accanto in questo percorso un alleato fondamentale come gli Stati Uniti fa ben sperare che riusciremo a mantenere gli impegni presi, a vincere la sfida di lasciare in eredità ai nostri figli un pianeta migliore e una società più giusta". Il presidente dell'associazione Transizione Ecologica solidale (Tes), il deputato Andrea Orlando (Pd), già ministro dell'Ambiente, ha affermato che "con gli Usa nell'accordo saremo in grado di scongiurare un ulteriore aumento di 0,3 gradi della temperatura media mondiale entro il 2100. Dovremo lavorare - ha proseguito - per garantire la piena applicazione anche nelle aree geografiche che attualmente hanno firmato ma non ratificato l'accordo, per alzare il livello di ambizione". Insieme agli Usa, ha concluso, "potremo lavorare con maggiore forza per allargare l'ambito di azione dell'Accordo sul Clima, soprattutto in favore dei paesi in via di sviluppo".