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L'aprile del 2020 è il più caldo mai registrato

Senza un taglio della Co2 caldo invivibile per 1/3 popolazione

Redazione ANSA ROMA

L'aprile del 2020 è stato l'aprile più caldo mai registrato al mondo, alla pari di quello del 2016. A dirlo sono i dati sulla temperatura dell'aria in superficie di Copernicus climate change service (C3S), il programma per l'osservazione della Terra dell'Ue. Secondo Copernicus, "le temperature sono state particolarmente al di sopra della media nell'Eurasia centrale e settentrionale, e in alcune zone della Groenlandia e dell'Antartide, ma sensibilmente sotto la media in vaste aree del Nord America. In Europa le temperature sono state molto al di sopra della media in diversi Paesi occidentali, ma al di sotto della media nelle zone a nordest".

Senza taglio Co2 caldo invivibile per 1/3 popolazione. Senza un taglio consistente delle emissioni di gas serra, entro 50 anni le aree del Pianeta abitate da un terzo degli esseri umani si riscalderanno tanto quanto le parti più calde del deserto del Sahara, e quindi 3,5 miliardi di persone sarebbero ''in condizioni quasi invivibili''. I paesi più colpiti sarebbero l'India e la Nigeria, dove sperimenterebbero questo caldo eccezionale rispettivamente più di 1,2 miliardi di persone e 485 milioni di abitanti; oltre 100 milioni di persone verrebbero colpite sia in Pakistan che in Indonesia e Sudan. Alle minacce per la salute e le società, si aggiungerebbe quella per la produzione alimentare. È il risultato di uno studio di un team di ricerca internazionale di archeologi, ecologi e climatologi di alcune università in Cina, Europa e Stati Uniti e pubblicata sulla rivista dell'Accademia americana delle Scienze (Pnas). Se le emissioni continueranno ad aumentare, avvertono i ricercatori, la temperatura media percepita dall'uomo si alzerà di 7,5 gradi centigradi entro il 2070, quindi oltre i +3 gradi previsti ora. Questo rapido aumento porterebbe il 30% della popolazione mondiale ad abitare in posti con una temperatura media superiore ai 29 gradi, una condizione climatica che oggi è sperimentata sullo 0,8% della superficie delle terre emerse, principalmente nel Sahara, mentre nel 2070 riguarderebbe il 19% della superficie. "I cambiamenti si manifesterebbero meno velocemente che con l'attuale pandemia da Covid-19, ma sarebbero ancor più deleteri perché alcune zone del Pianeta si riscalderebbero a livelli a malapena accettabili per la sopravvivenza umana, e non si raffredderebbero mai più", osserva Marten Scheffern dell'Università di Wageningen, coordinatore dello studio assieme a Xu Chi dell'università di Nanjing.

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