"Quell'agente seduto in fondo
all'aula mi disse di essere stato denunciato per le violenze ai
detenuti e che io avrei dovuto dire al pm che non c'entrava
nulla con i pestaggi. Ora ho paura di tornare a casa, perché
dopo quello che ho detto oggi potrei avere problemi con la
polizia penitenziaria". Così l'ex detenuto Vincenzo Matrone,
nell'udienza del processo sui pestaggi avvenuti il 6 aprile 2020
al carcere di Santa Maria Capua Vetere (Caserta), ha indicato in
aula l'agente imputato Pasquale Trispellino, accusandolo di aver
provato a indurlo a non testimoniare contro di lui.
Matrone è una vittima dei pestaggi - ha denunciato che gli
avrebbero anche bruciato la barba - e si è costituito parte
civile nel processo; mentre riferiva l'episodio dell'agente
Trispellino si è fermato mettendosi a piangere, in preda ad un
momento di ansia, e si è rivolto all'imputato indicato. "Ti
ricordi cosa mi hai fatto?".
Matrone, rispondendo poi alle domande del pm Alessandro
Milita, ha proseguito dicendo che "quell'agente mi disse che era
a disposizione per il bagnoschiuma, la carta igienica, la
schiuma da barba. Io gli dissi che avrei fatto come diceva lui,
ma solo per paura".
L'episodio sarebbe avvenuto il 15 settembre 2021, ma il
giorno dopo Matrone ha presentato una richiesta, scritta dal
compagno di cella, in cui chiedeva di essere sentito dal pm
proprio per denunciare le pressioni subite, cosa poi avvenuta.
Matrone ha poi raccontato di aver subito duri pestaggi il 6
aprile, specificando di essere stato prelevato dalla cella da
una decina di agenti con caschi e manganelli, di essere passato
in mezzo al corridoio di agenti che lo colpivano, di essere
rimasto a passeggio per un'oretta con altri detenuti e di essere
stato portato sopra in cella, e durante il tragitto di essere
stato manganellato alle gambe da "un agente donna bionda".
C'è poi l'episodio della barba bruciata, che viene prima
datato da Matrone il 6 aprile, poi, in seguito alle
contestazioni del pm, inquadrato il 7 aprile, senza alcuna
indicazione nominativa di agenti: "Le guardie entrarono nella
cella per farci spostare alcune confezioni di acqua, e mi
dissero, 'ah, hai la barba', e uno di loro me l'accese con
l'accendino, io spensi le fiamme con le mani, e poi dopo me la
fecero tagliare prima con il rasoio elettrico, quindi con la
lametta, e senza schiuma".
Matrone ha riferito anche della paura provata dopo i
pestaggi. "Non denunciai subito le violenze per non essere
picchiato di nuovo (è stato sentito la prima volta oltre un anno
dopo i fatti, nell'agosto 2021, ndr); avevo anche un braccio
rotto per un colpo subito, ma non dissi nulla per paura, poi
dopo 20 giorni mi inviarono all'ospedale di Aversa per una
radiografia, e mi misero il gesso".
Il teste ha poi riconosciuto in foto alcuni agenti che
avrebbero pestato detenuti, tra cui Pasquale Colucci, il
funzionario della Polizia Penitenziaria più alto in grado il
giorno dei pestaggi, in quanto a capo del Nucleo di Supporto
proveniente dal carcere napoletano di Secondigliano, cui
appartenevano molti degli agenti con caschi e mascherine mai
riconosciuti. Di Colucci il teste ha detto che "era in giacca e
cravatta con il manganello", accuse pronunciate per la prima
volta, visto che nei video mostrati dagli inquirenti a Matrone
durante la fase di indagine, questi non aveva mai riconosciuto
l'ufficiale. Colucci peraltro, come sottolineato dal suo
difensore, Carlo De Benedictis, nelle immagini appare in divisa.
Riproduzione riservata © Copyright ANSA