"Viviamo un periodo difficile e per
me è un onore essere il primo studente della Vanvitelli
vaccinato, sono emozionato ma lo vivo con serenità". Lo afferma
Mario Ascione, 25enne studente di Medicina al sesto anno che
stamattina è stato il primo vaccinato dell'ateneo al Policlinico
di Napoli. L'Università Vanvitelli ha iniziato infatti oggi a
vaccinare anche gli studenti degli ultimi tre anni per
permettere loro di riprendere le lezioni in reparto.
"E' un punto di svolta - spiega Ascione - che viviamo grazie
a una rivoluzione scientifica. Non sono preoccupato per il
vaccino e invito le persone che l'avranno a non esserlo, ci
fidiamo di chi ha fatto questo vaccino, professionisti che hanno
passato anni di studio per mettere le loro conoscenze a
disposizione dell'umanità. Ci fidiamo del giudizio di chi ha
messo a punto il vaccino, ci sono studi difficili da
interpretare per chi non ha studi specifici".
Ascione ricorda che però le cautele sociali restano: "Il
vaccino - spiega - dal punto di vista individuale non cambierà
molto, quando tutta la popolazione o buona parte sarà vaccinata
allora possiamo sperare di tornare alla situazione 'quo ante'.
Quindi per ora porteremo ancora la mascherina e vivremo nel
distanziamento sociale, nonostante la vaccinazione".
In fila per la prima giornata degli studenti anche Giuliana
Angelo che vive come una liberazione il poter tornare in corsia
dopo il vaccino: "Avremo la possibilità - dice - di andare in
reparto, un'opportunità che in questi mesi non abbiamo avuto e
che ci ha penalizzato, perché fare esperienza è importante".
Con lei Rosaria Di Bello, collega del sesto anno: "Vaccinarci
significa sperare nella ripresa della quotidianità in ambito
accademico. Mi è mancata la possibilità di crescere nello studio
ma anche di farlo in un contesto collettivo, non solo nella
propria camera in uno studio individuale". E la studentessa
parla anche della privazione della socialità al di là dello
studio: "Non poter uscire a distrarsi a fine giornata - spiega -
influisce sul nostro impegno quotidiano anche a livello
psicologico, perché al di là di tutta la narrazione mediatica
della movida, esiste un livello di socialità che vogliamo
riscoprire e che ci manca".
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