(di Alessandra Moneti)
(ANSA) - ROMA, 26 SET - Dalle Alpi al Pollino, cambia la
geografia della produzione di riso italiano, e in Calabria,
nella piana di Sibari, sono sempre più gli imprenditori agricoli
a scommettere nel "mare a quadretti". Così definisce le proprie
risaie a Cassano allo Jonio (Cosenza), Matteo Perciaccante,
giovane volto insieme ai fratelli della Masseria Fornara, e uno
degli "agronauti", produttori eroici associati nella compagine
ideata dallo chef Claudio Villella per valorizzare la Calabria
come meta qualificata nel turismo Wine&Food. Con 100 ettari di
proprietà e altri 500 ettari in gestione di risicoltori
sibariti, questa azienda fondata nel 1870 ha saputo evolversi e
nel 1982 ha smesso il ruolo di conferitore di riso da pileria
all'industria alimentare del Nord per cominciare a fare riso da
semi. "In Calabria non c'era una cultura del riso - racconta
Perciaccante - e gli chef ci stanno dando una mano per
introdurre questo ingrediente nella cucina locale. Noi facciamo
per il 60% della produzione Carnaroli, che si è adattato in
modo straordinario - il chicco è integro, senza microfessure, e
quindi non scuoce - a questo habitat con acque salmastre dove,
tra gli indicatori di qualità ecologica, nidificano 14 famiglie
di cicogne. Si tratta di un'area bonificata in epoca fascista
che con il riso, gli agrumi e la liquirizia, ha trovato una sua
identità, molto green perché non si fanno trattamenti e quindi
prevalgono le aziende bio. Un po' come avvenuto nella zona di
Arborea in Sardegna, ma qui, tra il Pollino e il mare, c'è un
vento costante e questo ci favorisce nella lotta alle fitopatie.
Non abbiamo problemi di funghi ma piuttosto di quantità che non
riesce a soddisfare la domanda". Attualmente in Calabria sono
sei le aziende che producono riso, il cui prezzo viene quotato a
Vercelli. "Siamo una nicchia, ma anche il più grande polo
produttivo del Centro-Sud e vorremmo - ha concluso - fare un
doppio salto di qualità: il riconoscimento dell'Igp (Indicazione
geografica protetta) sarebbe una grande opportunità per accedere
a nuovi mercati e chiudere qui la filiera, con un autonomo
impianto di stoccaggio e senza dover mandare nel ferrarese il
riso per il confezionamento. Abbiamo presentato per questo un
progetto alla Regione che prevede un milione di euro di
investimento e stiamo aspettando i bandi. L'industria riseria in
loco è il nostro sogno perché permetterebbe di risparmiare
autotrasporti per 896 km una-due volte al mese nonché costi per
il packaging e poter proporre riso fresco 100% made in
Calabria". Altro nodo che richiede investimenti è il patrimonio
idrico: "la Calabria è tanto ricca di acqua ma è un problema
convogliarla. Il riso non è una pianta acquatica ma ha bisogno
dell'oro blu come regolatore termico e per avere radici bagnate.
Fondamentale è la supervisione dell'acquaiolo che controlla che
il livello di copertura idrica sia di 4-5 centimetri. E' una
coltivazione a circuito chiuso, quindi a basso consumo idrico ma
sono diversi i progetti per risparmiare H2O, in Calabria si
stanno sperimentando le colture idroponiche mentre Israele
studia l'irrigazione a goccia su ogni pianta per coltivare riso
nel deserto".
L'Italia, sottolinea la Coldiretti, si conferma primo produttore
europeo di riso, con 228 mila ettari coltivati quest'anno e 4
mila aziende agricole che raccolgono 1,50 milioni di tonnellate
di risone all'anno, pari a circa il 50% dell'intera produzione
Ue e con una gamma varietale unica e fra le migliori del mondo.
Si prevede quest'anno una buona produzione di alta qualità,
nonostante i danni causati dal maltempo in alcune regioni del
Nord, con un aumento secondo la Coldiretti del 4% degli ettari
coltivati che salgono a 228mila, di cui quasi l'80% concentrati
in tre province del Piemonte e della Lombardia (Vercelli, Pavia
e Novara). (ANSA).