"Atrasar", ovvero ritardare, un verbo che a San Paolo è uno slogan di vita, e un'abitudine: le dimensioni di questa megalopoli e il suo traffico infernale sono una scusa plausibile per non essere puntuali. Sao Paulo ha oltre 20 milioni di abitanti, ma le vie di accesso e di deflusso verso il centro della città sono poche e non certo attrezzate.
    Ma questo non impedirà che il calcio d'avvio dei Mondiali venga dato nello stadio di questa metropoli violenta, capoluogo dell'omonimo stato di San Paolo e simbolo del nuovo Brasile, del boom economico degli ultimi anni di chi ha goduto di un'euforia smodata e in cui c'è stata una grande corsa ai consumi incentivata da un accesso facile al credito. Oggi, qui come in altre città del 'gigante' sudamericano, viene presentato il conto e spesso non c'è come pagare, ma intanto si va avanti.
    Dall'Avenida Paulista, sede di uffici pubblici, banche e alberghi, tornare a casa nei momenti di punta è un'impresa ardua per la quale si possono impiegare delle ore. Sarà quindi un'avventura per i tifosi recarsi ad Itaquera, zona povera e periferica ora in via di riqualificazione, per le partite nell'Arena Corinthians: chi vorrà esserci deve munirsi di pazienza e confidare nella buona sorte. La strada per arrivarci è lunga, anche con la nuova metro ci si impiega più di un'ora.
    In più va tenuto conto dell'eventualità, piuttosto concreta, che ci siano nuove manifestazioni di protesta come quelle dell'anno scorso: visto che alla fine la spesa totale per i Mondiali sarà realizzata all'85% con fondi pubblici, la gente tornerà nelle piazze. Un prologo c'è stato il 26 gennaio scorso, con scontri durissimi in chiave anti-Coppa tra polizia e manifestanti, e la devastazione e il saccheggio di banche, negozi, fast food e di una concessionaria della Fiat, con 40 arresti e un numero imprecisato di feriti. Anche questo potrebbe essere il Mondiale paulista.