ISTANBUL - Oltre la metà dei rifugiati siriani in Turchia vorrebbe continuare a viverci anche in futuro. È quanto emerge da uno studio condotto dalla compagnia di ricerca Ipsos insieme alla Human Development Foundation (Ingev). Secondo la ricerca, effettuata attraverso interviste faccia a faccia con un campione di 1.282 siriani in 10 province che ospitano un'alta percentuale di rifugiati, soprattutto nelle zone di confine nel sud-est della Turchia. Un'affezione al Paese di adozione testimoniata anche dal fatto che siriani 3 su 4 vorrebbero poter ottenere la cittadinanza turca: un'eventualità ipotizzata in passato dallo stesso presidente Recep Tayyip Erdogan, pur senza mai specificare la platea effettivamente interessata né i criteri per avere il nuovo passaporto.
Secondo i dati dell'Unchr, la Turchia ospita al momento oltre 3,2 milioni di siriani fuggiti dalla guerra, più di qualsiasi altro Paese al mondo. Di questi, meno del 10 per cento ha trovato accoglienza nei campi profughi, allestiti principalmente nelle zone di confine. Gli altri sono distribuiti in tutto il Paese, spesso in alloggi di fortuna e sovraffollati. Dopo una politica delle 'porte aperte' durata diversi anni, la frontiera turco-siriana è stata chiusa nel 2015, salvo casi eccezionali, come la presenza di feriti gravi.
In Turchia, i siriani godono di uno status di protezione temporanea che garantisce il diritto ai servizi sanitari, educativi e alla sicurezza sociale. Ma in molti casi, denunciano diverse ong, questi diritti restano sulla carta. Tra i nodi principali c'è quello del diritto al lavoro. Secondo la ricerca Ipsos-Ingev, i siriani con un'occupazione in Turchia sono 650mila, circa il 30% di quelli in età da lavoro. Nella maggioranza dei casi, tuttavia, si trattava di lavoro nero, senza tutele e sottopagato. I permessi di lavoro concessi ufficialmente dal ministero competente di Ankara, riporta Hurriyet, non superano infatti i 15 mila.