BRUXELLES - Mentre le navi delle ong continuano il loro lavoro nel Mediterraneo, con la Geo Barents di Medici senza Frontiere in navigazione verso La Spezia, i ministri dell'Interno dell'Ue si sono riuniti giovedì a Stoccolma, sotto la presidenza svedese, per una consiglio informale.
L'impulso è di lavorare sui rimpatri: che vadano aumentati (solo il 20% di chi viene espulso torna davvero nel Paese di origine) sono tutti d'accordo, resta da vedere come.
Il miglioramento delle procedure di rimpatrio è previsto dal nuovo Patto sulla migrazione, che dovrebbe finalmente portare al superamento del trattato di Dublino. Il nodo sta nel fatto che molti dei Paesi di origine non riprendono i loro cittadini una volta scattata la procedura di espulsione per mancato diritto alla protezione internazionale (l'asilo). La Svezia, per bocca della ministra per l'Immigrazione Maria Malmer Stenegard, ha chiarito che si devono usare "tutti i mezzi a disposizione", sia quelli diplomatici che quelli più 'muscolari', ad esempio intervenendo sul commercio, gli accordi sui visti o gli aiuti allo sviluppo: chi non coopera potrebbe vedersi tagliati i finanziamenti. Il ministro italiano Matteo Piantedosi si è presentato con una proposta: il rimpatrio con reintegrazione. Ovvero una terza via rispetto a quelli volontari o forzati in atto al momento. Di fatto si tratterebbe comunque di un rientro forzato nel proprio Paese ma associato a "una progettualità di reintegrazione", che secondo il ministro potrebbe "agevolare la collaborazione dello straniero, stimolare i Paesi terzi di provenienza a rafforzare la cooperazione e concorrere a contrastare le cause profonde dell'immigrazione".