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(di Massimo Lomonaco)
TEL AVIV - Israele ha dato il via libera alla costruzione di 143 nuove case nel quartiere ebraico di Gilo a Gerusalemme est. Alloggi - secondo altre fonti sarebbero 153 - già deliberati e bloccati tempo fa su pressione - come è stato spiegato a Radio Gerusalemme - della passata amministrazione di Barack Obama. Una decisione che si aggiunge a quella recente di 2500 nuovi alloggi in Cisgiordania per i quali il presidente palestinese Abu Mazen ha minacciato "serie e significative ripercussioni".
Ma il vento portato dal nuovo capo della Casa Bianca Donald Trump ha cambiato le carte in tavola. Non a caso il sindaco di Gerusalemme Nir Barkat, dopo le ultime mosse edilizie, ha osservato nei passati giorni che "gli ultimi 8 anni con Obama sono stati difficili". Poi ha aggiunto di "sperare che questa epoca sia terminata e che si costruirà in città per tutti i suoi abitanti, sia ebrei sia arabi". La decisione è giunta a pochi giorni dall'annuncio del premier Benyamin Netanyahu dei 2500 nuovi alloggi in Cisgiordania, in larga parte nei 'gushim', gli attuali blocchi ebraici, ma anche in nuovi insediamenti. La mossa è stata preceduta dal via libera sempre a Gerusalemme est di circa 566 nuove case, soprattutto nei sobborghi ebraici di Ramot, Ramat Shlomo e Pisgat Ze'ev.
"Costruiamo e continueremo a costruire", ha detto Netanyahu che si appresta ad incontrare Trump a Washington, ai primi del prossimo mese, proprio per affrontare il tema e anche il possibile trasferimento dell'ambasciata Usa da Tel Aviv a Gerusalemme sul quale tuttavia il presidente Usa sembra aver preso tempo. L'annuncio delle 2500 nuove case in Cisgiordania non ha avuto alcun commento, nè positivo nè sfavorevole, da parte della Casa Bianca che in passato, sotto Obama, ogni volta è invece intervenuta per condannare l'avvio di nuove costruzioni da parte dello stato ebraico.
Un fatto, quello di Trump, rivendicato dai commentatori e analisti come una palese non ingerenza in ciò che è ritenuta azione di pertinenza di Israele. Una posizione che non può che preoccupare i palestinesi: il presidente Abu Mazen è intervenuto in maniera decisa contro i recenti annunci preannunciando "serie e significative ripercussioni". "Stiamo avendo intense consultazioni con alcuni fratelli arabi e amici - ha detto Abu Mazen parlando al Consiglio di Fatah, il partito maggioritario palestinese - per rimuovere a livello internazionale questa mossa pericolosa e intraprenderemo passi per prevenirla".
Poi ha riaffermato la linea di Ramallah sul possibile trasferimento dell'ambasciata Usa: "Siamo in uno stato di allerta e di attenzione e abbiamo detto al mondo che non accetteremo questo passo e, se accadrà, questo sarà disastroso per la pace".