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Museo di Hezbollah apre a due passi dai templi romani di Baalbek

Il movimento jihadista filo-iraniano celebra le sue 'vittorie'

01 settembre 2023, 17:43

Redazione ANSA

ANSACheck

Un momento dell 'inaugurazione del museo del Jihad a Baalbek - RIPRODUZIONE RISERVATA

Un momento dell 'inaugurazione del museo del Jihad a Baalbek -     RIPRODUZIONE RISERVATA
Un momento dell 'inaugurazione del museo del Jihad a Baalbek - RIPRODUZIONE RISERVATA

BAALBEK (VALLE LIBANESE DELLA BEKAA) - A due passi dagli antichi tempi romani di Giove e di Bacco, patrimonio Unesco dell'umanità, nella suggestiva cornice della valle libanese della Bekaa il gruppo armato filo-iraniano Hezbollah (Partito di Dio) ha inaugurato nei giorni scorsi il "museo del Jihad": un'articolata installazione ed esposizione a cielo aperto di mezzi militari e armamenti con l'obiettivo di rafforzare la retorica secondo cui il movimento jihadista sciita "resiste" alla "minaccia" rappresentata dal presunto complotto sionista-americano-sunnita. L'attrazione propagandistica sorge alla periferia di Baalbek, luogo simbolo di Hezbollah e crocevia dei traffici regolari e irregolari da e verso la Siria, paese in guerra da più di 12 anni.

Proprio in questa zona, agli inizi degli anni '80 del secolo scorso, in funzione anti-israeliana erano state organizzate dal neonato Iran khomeinista (1979) le prime cellule di Hezbollah, composte dai transfughi del gemello movimento sciita libanese Amal in quegli anni molto vicino al governo di Damasco, allora non sempre allineato con Teheran.

Proprio sulle colline che sovrastano Baalbek e che conducono sulle cime dell'Antilibano, la catena montuosa che separa il Libano dalla Siria, si era svolta negli anni scorsi una sanguinosa guerra tra i jihadisti sciiti e i loro rivali sunniti, affiliati a gruppi anti-governativi siriani organizzatisi nel contesto della rivolta siriana scoppiata nel 2011 e poi trasformatasi in una guerra regionale con ramificazioni internazionali. Il "museo del Jihad" celebra "la Seconda liberazione", in riferimento alla "Prima liberazione" del sud del Libano, culminata col ritiro dell'esercito israeliano nel 2000 dopo 22 anni di occupazione gli ultimi dei quali segnati dalla crescente pressione militare di Hezbollah.

Per la retorica del Partito di Dio la "Seconda liberazione" è invece la "vittoria" contro i combattenti sunniti "provenienti dalla Siria" e che operavano, nella retorica di Hezbollah, nel quadro di un complotto ordito da Israele e dagli Stati Uniti per "indebolire la resistenza islamica", così come viene definita dagli stessi Hezbollah la loro ala militare.

Il movimento sciita non è solo un gruppo armato. Da vent'anni esso è parte attiva dello spettro politico-istituzionale del Libano: i suoi ministri siedono a pieno titolo nei consigli dei ministri e i suoi rappresentanti locali sono sindaci e consiglieri comunali in diverse municipalità del paese a maggioranza sciita.

Non si tratta del primo "museo" di Hezbollah in Libano. Nel corso degli ultimi due decenni il movimento sciita ne ha aperti già due, il più noto dei quali è quello di Mlita, inaugurato nel 2010 nel sud del Libano e che vanta cunicoli sotterranei, bunker, sale audio-video e molto altro.

Nel "museo del Jihad" a Baalbek il partito filo-iraniano ha posto molta enfasi nel ricostruire una cronologia "della memoria della resistenza", proprio a ribadire la sequenza temporale "corretta" per leggere la storia di Hezbollah e del Libano in un'ottica di "attacco nemico" e di risposte della "resistenza" da parte dei jihadisti sciiti.

Questi sono intervenuti massicciamente nella guerra siriana sin dal 2012, come testimoniavano allora i numerosi necrologi apparsi sui muri dei quartieri di Beirut dominati dal Partito sin dalla primavera di 11 anni fa. Ma nella cronologia ufficiale di Hezbollah "la resistenza" è intervenuta in Siria per "far fallire il complotto" solo nel 2013, e non in funzione di attacco bensì di "difesa", così come prescrive d'altronde la dottrina classica dell'Islam per cui ogni forma di jihad armato deve essere solo per "difendere" i "territori (dar) dell'Islam".

La cronaca degli ultimi 10 anni racconta che l'intervento dell'Iran e delle sue milizie libanesi (Hezbollah), irachene e afgane in Siria è stato decisivo per mantenere al potere il sistema di potere incarnato dal presidente Bashar al Assad, in carica da 23 anni, ma la cui stabilità era stata seriamente compromessa con la rivolta armata seguita alle proteste del 2011.

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