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Community Matching, un programma d'integrazione di successo

Rifugiati, progetto Unhcr ci 'ha cambiato la vita'

24 marzo 2023, 18:35

Redazione ANSA

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- RIPRODUZIONE RISERVATA

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(ANSAmed) - ROMA, 24 MAR - "Sono arrivato in Italia nel 2020, ma purtroppo ci ho messo molto tempo a conoscere questo paese, perché non avevo trovato nessuno che mi aiutasse a capire veramente questa cultura, che mi aprisse la porta di questa comunità." Abdulrahman Shabanah, ingegnere palestinese di 29 anni, racconta così l'inizio del suo percorso di integrazione in Italia, fino a quando non ha conosciuto il programma Community Matching e il buddy volontario Sergio che gli avrebbe dato il giusto sostegno. "Sergio è stato fondamentale per me quando ho affittato la mia prima casa, lui mi ha aiutato a capire come funzionavano alcune cose," ha detto Abdulrahman alla presentazione a Roma dei primi risultati del progetto di UNHCR, Agenzia ONU per i Rifugiati, insieme a Ciac e Refugees Welcome Italia e con il sostegno dell'Istituto buddhista italiano Soka Gakkai, che ora coinvolge 10 città italiane.

"Non ha fatto le cose al posto mio, assolutamente: mi ha insegnato come farle. Abbiamo visto il contratto insieme e mi ha spiegato," ha continuato. "Sergio rimane sempre il mio padre e il mio fratello. Questa esperienza mi ha ispirato. Mi sto impegnando per essere utile anch'io ad altre persone rifugiate," ha concluso Abdulrahman.

Community Matching prevede l'abbinamento (match) tra persone rifugiate e volontarie e volontari che possano affiancarle nel loro percorso di integrazione in Italia, attraverso la creazione di relazioni sociali di sostegno su una base di parità. Ed i risultati sono molto incoraggianti: da uno studio di 115 match avviati nel primo semestre del 2022, è emerso come il 36% dei rifugiati coinvolti nel progetto ha mostrato un miglioramento della propria condizione generale e l'86% ha migliorato la sua capacità di orientarsi sul territorio e di accedere ai servizi.

Il 62% ha ottenuto un contratto di lavoro (contro il 37% all'inizio del programma) e il 35% ha stipulato un contratto di locazione (contro il 18%). Inoltre, il 50% dei rifugiati ha migliorato il livello di italiano.

"Il mio buddy mi ha cambiato la vita" è la frase ricorrente nei racconti dei rifugiati raccolti alla presentazione del programma a Roma. Come Abdulrahman, che in pochi mesi ha rivoluzionato la sua vita, Joelle Ntumba Nkongolo, 30 anni, rifugiata della Repubblica Democratica del Congo, racconta di aver "trovato amici, nuove possibilità di esprimermi e di sentirmi libera in una comunità che mi aiuta quando ne ho bisogno." Joelle, che aveva cominciato gli studi in giornalismo nella RDC prima di arrivare in Italia tre anni fa, quando è entrata in Community Matching era in accoglienza e disoccupata.

"La mia buddy si chiama Chiara, lei è paziente con me e ha cura di me; per questo la considero una sorella," dice. "Quando dovevo lasciare il mio centro di accoglienza mi sentivo persa; è stata lei che mi ha dato coraggio e che, insieme al gruppo, mi ha trovato una sistemazione", racconta. "Ora lavoro in un McDonald's e ho trovato un affitto grazie al programma".

"Sono in Community Matching da soli due mesi, ma la mia vita è già cambiata". Anche per Alina Vasieikina, rifugiata ucraina in Italia da un anno, il programma dell'Unhcr ha rappresentato una svolta. Alina spiega come la relazione con il suo buddy italiano Daniele, videomaker e regista, le ha dato "speranza e motivazione per integrarmi, per vivere e per creare". "Abbiamo già cominciato a lavorare su progetti creativi insieme. Ho fatto l'assistente in uno dei suoi film, e adesso stiamo sviluppando altri progetti futuri. Lui mi ha fatto conoscere tantissime persone creative del suo mondo, e io spero che in futuro anche questo mi apra nuove opportunità lavorative," dice.

Anche per i buddy volontari è stata una esperienza positiva, come testimonia Daniela Pizzuto di Torino: "Il Community Matching mi ha cambiato la vita, l'ha arricchita a livello relazionale". Daniela ha deciso di aderire al progetto dopo averlo conosciuto ad un evento pubblico, ed è stata abbinata a Federico, un rifugiato cinese di 30 anni. "Praticamente da subito siamo entrati in sintonia, ed è nata una bellissima amicizia, nonostante la differenza di età," dice. "Federico sa benissimo che può contare su di me per qualsiasi cosa, che sia andare al museo o al cinema oppure avere un aiuto con le pratiche, la casa, la patente, che ha conseguito brillantemente a dicembre". Il buddy rifugiato di Daniela sa anche che può avere "un appoggio relazionale e familiare: è entrato a far parte della mia vita e della mia famiglia, per esempio ha preparato i ravioli cinesi per le mie sorelle ed i nipoti, e abbiamo fatto il pranzo di Natale insieme." Ma l'impatto positivo del match non è stato solo a livello personale e familiare: "Anche le persone intorno a me sono molto più sensibili a certi temi, e soprattutto possono dare un volto e un nome al termine 'rifugiato'," conclude Daniela.

Lanciato nel 2021 a Bari, Roma e Torino, ora il programma di Community Matching è operativo in 10 città italiane. Al 31 dicembre 2022 sono stati avviati 358 match, coinvolgendo persone rifugiate di 41 nazionalità, di cui il 34% è ucraino. Il 55% dei buddy rifugiati sono donne e il 60% ha una forma di protezione internazionale, mentre il 33% ha la protezione temporanea. Il 67% dei rifugiati partecipanti al programma si trova fuori dall'accoglienza istituzionale. Le persone volontarie sono per la maggior parte italiane (il 93%), anche se sono presenti anche volontari ucraini (2%) e maliani e russi (2%). Si tratta per lo più di persone di sesso femminile e di età superiore ai 40 anni.(ANSAmed).

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