Il carbone non fa male solo
all'ambiente ma anche alle quotazioni azionarie. Ne è convinto
il fondo attivista Bluebell che, lo scorso 8 novembre, ha
inviato una lettera a Glencore, nel cui capitale ha investito,
chiedendo una serie di azioni correttive per rilanciare il
titolo, quotato alla Borsa di Londra.
"A causa delle sue attività nel carbone, Glencore non è una
società su cui gli investitori che mettono la sostenibilità al
centro del loro processo di investimento possono investire",
scrive Bluebell, ricordando che il carbone rappresenta "una
grande barriera" per Glencore, come dimostra la decisione di
Norges Bank di non investire più nel colosso minerario con base
a Londra
Il fondo attivista boccia come "moralmente inaccettabile e
finanziariamente errato" l'attuale piano che prevede che il
carbone resti nel gruppo fino al completo run-off nel 2050 e
chiede, con uno spin-off, una "chiara separazione tra asset a
carbone e decarbonizzati", allo scopo di "aumentare il valore
degli azionisti e rimuovere 'lo sconto carbone'" e "assicurare
allo stesso tempo che gli asset nel carbone siano gestiti
responsabilmente", eventualmente anche con "una più severa
politica Esg".
Lo spin-off favorirebbe "il riposizionamento di Glencore come
un puro operatore su metalli", come rame, zinco, nickel, cobalto
e vanadio, "che sono centrali nella transizione alla green
economy" e che sono determinanti "nell'elettrificazione globale
e nei processi di digitalizzazione", La richiesta è destinata a
mettere pressione al gruppo, che il 2 dicembre tiene il suo
investor day e a cui Bluebell chiede anche interventi di
semplificazione della struttura societaria, di miglioramento
della governance e la cessione del business agricolo di Viterra.
Le attività di Glencore nel carbone rappresentano il 30%
dell'ebitda atteso nel 2021.
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