In Italia strada in salita per i
grandi impianti a fonti rinnovabili, "schiacciati" da ritardi,
lungaggini autorizzative, conteziosi e da una normativa troppo
vecchia e inadeguata, ferma al 2010. Lo rivela il rapporto
"Scacco matto alle rinnovabili", presentato a Rimini alla fiera
delle rinnovabili Key.
Il report elenca 63 casi simbolo di blocchi alle rinnovabili,
20 dell'ultimo anno. Si va da 6 amministrazioni locali tra
Veneto, Umbria, Marche e Basilicata che preferiscono poli
logistici e industriali a parchi eolici o fotovoltaici, alle
moratorie tentate o in programma come accade in Sardegna e
Abruzzo, dove è intervenuta la Corte Costituzionale.
C'è la simil moratoria della Sovrintendenza della Basilicata,
che ha posto un vincolo paesaggistico di 10 km intorno al sito
del Castello di Monteserico (Potenza), con esplicita preclusione
alla realizzazione di impianti per la produzione di energia da
fonti rinnovabili. Ci sono poi i ricorsi al Tar tra Molise e
Toscana, o i ritardi della Presidenza del Consiglio dei
Ministri, in Puglia, o della Sovrintendenza, nel Lazio.
Per Legambiente i principali ostacoli che rallentano le
rinnovabili in Italia sono una normativa troppo vecchia (le
linee guida sono ferme dal 2010), le lungaggini autorizzative e
i contenziosi fra i Ministeri dell'Ambiente e della Culura
portati alla Presidenza del Consiglio per essere risolti, ad
oggi 81. Poi ci sono il tema delle aree idonee (manca ancora il
decreto) e i tanti contenziosi di Comuni, Regioni e cittadini.
Nota positiva arriva dal lavoro dalle Commissioni Via-Vas e
Pnrr-Pniec del Ministero dell'Ambiente e della Sicurezza
energetica che, nel 2023, hanno lavorato su 221 procedure
autorizzative, per un valore di opere di oltre 13,5 miliardi di
euro e una potenza di 10,5 Gw. Da segnalare l'impegno della
Regione Campania, che ha sbloccato decine di progetti, e della
Regione Calabria, che ha ordinato e semplificato le procedure di
presentazione.
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