La creazione di una filiera nazionale
dell'eolico offshore galleggiante (cioè in mare su piattaforme
galleggianti ancorate al fondale) potrebbe generare un valore
aggiunto cumulato tra il 2030 e il 2050 pari a 57 miliardi di
euro. Nell'ipotesi di realizzare 20 gigawatt al 2050, si
potrebbero generare circa 27 mila nuovi occupati in Italia al
2050 nella fabbricazione, assemblaggio, progettazione e
manutenzione.
Lo rivela una ricerca della "Community Floating Offshore
Wind", un'iniziativa di The European House - Ambrosetti insieme
a Renantis, BlueFloat Energy, Fincantieri e Acciaierie d'Italia.
L'Italia è il terzo mercato mondiale per lo sviluppo di
eolico offshore galleggiante, secondo il Global Wind Energy
Council. Le stime svolte in collaborazione con il Politecnico di
Torino indicano un potenziale di 207,3 Gw in Italia per l'eolico
offshore galleggiante, più del 60% del potenziale di energia
rinnovabile complessiva, con Sardegna, Sicilia e Puglia tra le
aree di maggiore potenzialità.
Negli ultimi anni, a livello internazionale l'eolico offshore
galleggiante ha registrato un significativo sviluppo. Con più di
30 gigawatt installati al 2022, la Cina è al momento il primo
Paese per potenza installata di eolico offshore a fondo fisso e
galleggiante. Più del doppio della capacità installata del Regno
Unito (13,8 Gw), secondo Paese a livello mondiale in questo
specifico segmento, e tre volte la Germania, leader nella Ue con
8,1 Gw installati.
A fronte di questa crescita a livello mondiale, la ricerca
mette in luce come la bozza di aggiornamento del nostro Piano
Nazionale Integrato Energia e Clima (Pniec) preveda che solo il
2% dell'obiettivo di potenza rinnovabile elettrica installata al
2030 provenga da impianti eolici offshore. Inoltre, l'Italia non
ha ancora presentato alla Ue i piani di gestione dello spazio
marittimo, e per questo è in procedura di infrazione.
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