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Responsabilità editoriale di ASviS
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di Andrea De Tommasi
L’entusiasmo, lo sviluppo dei progetti, le discontinuità negli investimenti, lo scontento. Oltre due anni dopo il rebranding di Facebook in Meta, la costruzione del metaverso evidenzia alcuni punti fermi, ma anche elementi che rendono difficile tratteggiare un quadro definito.
Che cosa significa metaverso? In una concezione largamente condivisa, lo si potrebbe descrivere così: un unico spazio virtuale universale e immersivo, composto da molteplici mondi virtuali interconnessi, in cui le persone (probabilmente tramite avatar 3D) potranno svolgere gran parte delle attività quotidiane. In generale, le tecnologie a cui le grandi aziende fanno riferimento quando parlano di “metaverso” includono la realtà aumentata (AR), che sovrappone semplicemente oggetti digitali al mondo reale, e la realtà virtuale (VR), in cui l’utente è completamente immerso in una simulazione. Le piattaforme di gaming come Minecraft, Roblox e Fortnite sono state definite “metaverso”, ma il metaverso non è certamente un videogioco, anche se la strumentazione fisica necessaria per realizzarlo è principalmente quella dei motori grafici che fanno funzionare i videogame. Un elemento centrale è che il metaverso possa essere interoperabile, ossia che l’utente possa portare oggetti virtuali, come per esempio vestiti e automobili, da una piattaforma all’altra. E qui veniamo a un'altra domanda dirimente.
Ci sarà un solo metaverso in futuro? È con il lancio di Second Life nel 2003 che molti hanno iniziato a sostenere la possibilità di un’esistenza parallela che si sarebbe sviluppata nella realtà virtuale. Il concetto di metaverso suggerisce che esista uno spazio virtuale comune che tutti condividono. Ma questo punto genera controversie. Alcuni ritengono che la costruzione di un unico metaverso non avverrà mai, mentre ci saranno molte reti concorrenti di mondi virtuali. John Carmack, ex direttore del settore tecnologico di Oculus VR (Meta), sostiene che un metaverso centralizzato, gestito principalmente da una singola società, non potrebbe essere propriamente il metaverso. Meta, pur non esprimendosi sulla gestione privata del metaverso, afferma tuttavia che può esistere un solo metaverso. Proprio come esiste “Internet”.
Se è vero che il metaverso va inteso come un’esperienza in 3D, sono almeno tre i fattori alla base di un progresso più lento rispetto ai proclami iniziali: dati, costi e tecnologie d’accesso. Il primo punto riguarda la connettività, ossia la potenza computazionale delle piattaforme, e la simultaneità, che determina un aumento esponenziale della quantità di dati che devono essere elaborati, renderizzati e sincronizzati. I contenuti da sviluppare hanno costi decisamente superiori rispetto al 2D. Il terzo aspetto riguarda i device, che devono essere distribuiti su ampia scala. Per entrare nel metaverso servirà un visore? Non necessariamente, ma lo sviluppo di visori sempre più potenti e leggeri rappresenta uno degli aspetti più eccitanti del metaverso. Sia l’ergonomia che la leggerezza sono fondamentali, visto che essere costantemente collegati a un visore in una simulazione virtuale può rivelarsi piuttosto restrittivo.
In questo campo Apple e Meta si sfidano con i loro dispositivi: Vision Pro, lanciato il 2 febbraio pur senza mai nominare il “metaverso”, e Meta Quest 3. L’ingresso sulla scena di un grande player come Apple è un dato rilevante, ma secondo un articolo del Wall Street Journal l’azienda di Mark Zuckerberg non teme la concorrenza: il lancio di Vision Pro può attrarre nuovi clienti intorno al metaverso. Lo stesso Zuckerberg è apparso sul suo profilo Instagram per testare il Vision Pro (“meglio il mio Quest 3”).
È qui che la parola chiave è coinvolgente: quanto più si riesce a sfumare il confine tra realtà e tecnologia, tanto più realistica diventa l’esperienza. L’immersione spazia dalla realtà aumentata (AR), che sovrappone semplicemente oggetti digitali al mondo reale, alla realtà virtuale (VR), in cui l’utente è completamente immerso in una simulazione. Tuttavia, le possibilità del metaverso sono infinite, dalla possibilità di acquistare beni immobili digitali ai concerti in realtà virtuale fino alla costruzione di intere città. Intanto, lo scorso settembre la prima Biennale di Architettura del metaverso, a Dubai, ha trasportato i visitatori in mondi virtuali creati dagli studi più all’avanguardia.
Che ci si stia avvicinando a soluzioni veramente efficaci lo conferma Lucio Lamberti, professore ordinario di Marketing e direttore del Metaverse Marketing Lab al Politecnico di Milano: “Dopo l’ebrezza mediatica e la depressione cosmica degli ultimi due anni, quando è scesa l’attenzione – come spesso accade – sono partiti i progetti. Lo sviluppo dell’intelligenza artificiale, soprattutto di quella generativa, consentirà due passi avanti sul costo di sviluppo dei contenuti. Da un lato automatizzerà lo sviluppo più basico del codice per le esperienze virtuali; dall’altro costituirà lo strumento con cui si personalizzano le esperienze. Inoltre, si stanno iniziando a sviluppare tavoli di lavoro per l’interoperabilità, affinché un avatar possa girare su piattaforme diverse, e sull’innovazione tecnologica nel campo dei visori, che potranno assumere la forma di smart glasses evoluti”.
La maturità tecnologica sarà raggiunta però tra qualche anno: “Gli elementi citati possono portare contributi significativi già nel 2025”, continua Lamberti. “Le piattaforme Meta finalmente entreranno in Europa e ci saranno ulteriori lanci di visori. Una diffusione su ampia scala di questa tecnologia non è prevedibile però prima del 2030”. In che modo influirà sulle aziende? “Alcune realtà hanno iniziato a sviluppare un business sul metaverso, attraverso le skin (abiti e accessori di bit, ndr) e i giochi. È un mercato in crescita che si è anche alimentato dell’ebrezza degli Nft. In questo momento stiamo osservando a livello di marketing un affiancamento all’esperienza omnicanale: sito, negozio e spazio virtuale. Questi mondi interagiscono tra loro: visori in negozio, simulazioni dei prodotti nel mondo virtuale, ordine con l’e-commerce”.
Meta sembra essere la forza trainante dietro gli investimenti nel metaverso, nonostante le attività di realtà virtuale e aumentata abbiano al momento un impatto complessivamente negativo sulla redditività dell’azienda. A inizio febbraio Meta ha reso noto che Reality Labs, la divisione focalizzata sul metaverso, ha chiuso l’ultimo trimestre del 2023 con ricavi pari a oltre 1 miliardo di dollari, sebbene abbia registrato perdite per circa 4,6 miliardi. Per mettere questa cifra in prospettiva, nello stesso periodo dell’anno precedente Reality Labs aveva registrato un fatturato di 727 milioni di dollari. Meta ha attribuito la crescita dei ricavi alle vendite di Quest 3.
“Abbiamo fatto molti progressi nella nostra visione dell'intelligenza artificiale e del metaverso”, ha commentato Zuckerberg, ribadendo che il metaverso fa ancora parte delle sue ambizioni. Come sempre, Apple ha invece mantenuto il riserbo sui propri piani, ma le sue acquisizioni e i suoi brevetti sono piuttosto rivelatori. Negli ultimi anni, l’azienda di Cupertino ha acquisito startup come Vrana (visori AR); Akonia (lenti per dispositivi AR); Faceshift (trasferisce i movimenti facciali su avatar 3D); Next VR (produttore di contenuti VR). E centinaia di brevetti che Apple ha ottenuto negli ultimi tempi riguardano la VR, l’AR o il software per il body tracking.
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Immagine di copertina: 123Rf
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