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Responsabilità editoriale di ASviS
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Di Flavia Belladonna
La guerra lanciata sabato scorso da Hamas e appoggiata dall'Iran è il richiamo più forte e drammatico agli Stati Uniti e all'Europa: gli attacchi alle democrazie e alla democrazia si moltiplicano, non è più tempo di incertezze e divisioni.
Con queste parole Danilo Taino, sul Corriere della Sera, affronta il tema della libertà sotto attacco nel disordine globale. Il conflitto a Gaza tra palestinesi e israeliani, riacceso pochi giorni fa dal colpo inedito sferrato da Hamas che ha portato da una parte e dall’altra a migliaia di vittime civili, fa seguito alla guerra in Ucraina. Come sottolinea il giornalista, stiamo vedendo gli effetti dell’aggressione russa, che “ha esaltato despoti e terroristi in sonno e ha aperto loro la strada per cercare di imporre con la forza equilibri a loro favorevoli”.
Così il mondo si sgretola: in Africa subsahariana crollano molte democrazie sotto i colpi di jihadisti e milizie filorusse, la Cina strizza l’occhio a nuovi dittatori, in Corea del Nord si alza il livello delle provocazioni, l’Iran trova nuovo vigore dopo le repressioni delle donne, in Europa crescono le tensioni tra Serbia e Kosovo e in America Latina Venezuela e Cuba continuano l’appoggio a Russia e Cina. Insomma, l’ordine internazionale uscito dalla Seconda guerra mondiale, fondato su regole, libertà di espressione e di movimento, commerci aperti e Stato di diritto, rischia di crollare e deve mettere in allarme ognuno di noi. Difendere il modello democratico vuol dire scegliere la risoluzione pacifica delle controversie, maggiori libertà e diritti, partecipazione civile. A volte rischiamo di darla per scontata, ma la democrazia va protetta e nutrita per garantirne la qualità.
Ma quand’è che una democrazia è realmente tale? Quale l’evoluzione delle forme di governo nel mondo e in Europa? E soprattutto, come possiamo garantire in Italia una democrazia di qualità? Proviamo a esaminare le questioni partendo da alcuni dati, in particolare dal fatto che il nostro non è un Paese considerato pienamente democratico.
Secondo l’Economist, l’Italia non è una full democracy ma una flawed democracy, ovvero una democrazia imperfetta. Nel Democracy index 2022, la classifica annuale del settimanale politico-economico sullo stato di democrazia di 167 Paesi del mondo, le nazioni sono valutate come democrazie piene, democrazie imperfette, regimi ibridi o autoritarismi in base a cinque parametri: processo elettorale e pluralismo, funzionamento del governo, partecipazione politica, cultura politica e democratica e libertà civili. Il migliore governo del mondo è quello della Norvegia, seguita da Nuova Zelanda e Islanda, in cima alle 24 democrazie piene. Tra i 48 Paesi a democrazia imperfetta troviamo l’Italia, che occupa la 34esima posizione globale con un punteggio di 7,69, soprattutto grazie al processo elettorale e al pluralismo (9,58), ma in calo di tre posti rispetto al 2021, risultando meno adeguata dal punto di vista del funzionamento di governo (6,79) e negli altri parametri. Seguono 36 regimi ibridi e 59 autoritarismi, con l’Afghanistan che chiude la classifica.
Dall’indice emerge a che punto sono oggi le democrazie nel mondo, ma è interessante cercare di capire anche dove stanno andando. Secondo Freedom House, la lotta per la democrazia nel mondo è molto vicina a un punto di svolta. Come spieghiamo in questa notizia, infatti, il deterioramento della libertà nel mondo è avvenuto per il 17esimo anno consecutivo, con il numero dei Paesi dove le libertà democratiche sono in declino che ha sempre superato il numero di Paesi che invece migliorano il loro tasso di democraticità, ma nel 2022 lo scarto tra un gruppo e l’altro si è assottigliato. Le cose potrebbero dunque finalmente cambiare, anche perché sebbene nel mondo il processo di democratizzazione abbia subìto battute d’arresto, la gente comune continua a difendere i propri diritti contro l’autoritarismo. La lotta in Iran, soprattutto delle donne, ne è un esempio.
Ma non si tratta solo di vedere quante democrazie ci sono nel mondo, che certamente è importante, ma anche la loro qualità. In un libro di Martin Conway in uscita proprio oggi, dal titolo “L'età della democrazia. L'Europa occidentale dopo il 1945” (raccontato sul Corriere della Sera), l’autore evidenzia che il modello di democrazia emerso nell'Europa occidentale dopo il 1945 era figlio di quell'epoca, e come tale non basta “aggiornarlo” per rappresentare adeguatamente le società del 21esimo secolo: dovremmo forse interpretare ciò che sta accadendo oggi e che accadrà nei prossimi anni non come la fine della democrazia, “ma come la transizione da un modello democratico a un altro”. Di fronte all’incertezza, all’evoluzione delle tecnologie, alla crescente polarizzazione e alle esigenze delle attuali società, è importante dunque rifondare un dibattito sulla democrazia per evolvere verso una democrazia 2.0 in grado di rispondere alle nuove sfide.
L’Unione europea si sta già mobilitando per difendere una democrazia di qualità. Di fronte all’impennata di restrizioni alla democrazia, allo spazio civico e allo Stato di diritto in tutta l’Ue degli ultimi anni, Civil society Europe, importante rete europea di organizzazioni della società civile, ha pubblicato un Rapporto con sei raccomandazioni per un’Unione più democratica su temi che vanno dai diritti alla libertà di movimento, ma anche a politiche sociali e di sicurezza, clima e digitalizzazione (ne abbiamo parlato qui). Inoltre, fin dal 2020 la Commissione europea ha adottato il Piano d’azione europeo per la democrazia 2020-2024 e recentemente un gruppo di esperte ed esperti in Germania e Francia ha avanzato una proposta di riforma dell'Ue, da attuare contestualmente all'allargamento a nuovi Paesi (Ucraina e non solo), che propone regole più severe sullo Stato di diritto, nuove procedure di voto al Consiglio europeo e un bilancio dell'Ue più ampio.
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